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Importo aggiuntivo maternità: conta il reddito complessivo

Previdenza Redazione DottNet | 08/06/2022 11:14

Alle lavoratrici libere professioniste che abbiano dichiarato, nell’anno precedente l’inizio del periodo di maternità, un reddito inferiore a 8.145 euro annualmente indicizzato, l’indennità di maternità è riconosciuta per ulteriori tre mesi a decorre

Alle lavoratrici libere professioniste che abbiano dichiarato, nell’anno precedente l’inizio del periodo di maternità, un reddito inferiore a 8.145 euro annualmente indicizzato, l’indennità di maternità è riconosciuta per ulteriori tre mesi a decorrere dalla fine del periodo di maternità

In una recente nota del Ministero del Lavoro vengono forniti alcuni chiarimenti su una misura di sostegno alla maternità introdotta dall’art. 1, comma 239 della legge 30 dicembre 2021, n. 234. La norma dispone che alle lavoratrici libere professioniste che abbiano dichiarato, nell’anno precedente l’inizio del periodo di maternità, un reddito inferiore a 8.145 euro annualmente indicizzato, l’indennità di maternità è riconosciuta per ulteriori tre mesi a decorrere dalla fine del periodo di maternità. 

Si tratta di una misura molto interessante per le dottoresse senza impiego o precarie, le quali, oltre ad una indennità di maternità minima attualmente pari ad € 5.

180,50 lordi, possono quindi accedere almeno ad altri € 3.108,30 lordi, a cui l’Enpam aggiunge un ulteriore importo di € 1.035,37, oltre ad un sussidio esentasse di € 1.500, per un totale di quasi 11.000 euro. Tra l’altro, vale la pena di ricordare che, secondo l’orientamento espresso dalla Corte Costituzionale, le dottoresse libere professioniste non hanno più l’obbligo di interrompere la loro attività per fruire dei benefici economici di legge, ben potendo articolare i loro impegni professionali con le esigenze della genitorialità, in assenza di orari fissi di lavoro.

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A proposito del nuovo beneficio delle tre mensilità aggiuntive di indennità di maternità, l’AdEPP, cioè l’Associazione che riunisce le Casse Previdenziali private, ha appunto richiesto alle Autorità vigilanti (Ministeri del Lavoro e dell’Economia) alcuni chiarimenti, riscontrati nella nota in parola. In primo luogo, con riferimento al requisito reddituale da considerare per l’accesso al beneficio, è stato chiesto se occorra far riferimento al reddito professionale dichiarato dall’interessata alla propria Cassa, oppure a quello fiscalmente dichiarato all’Amministrazione finanziaria. I Ministeri hanno replicato (con una interpretazione che riduce notevolmente la platea delle aventi diritto) che, trattandosi di una misura ulteriore rispetto a quella già prevista in materia, volta a tutelare le lavoratrici che si trovino in condizioni reddituali disagevoli, in assenza di apposita specificazione da parte del legislatore, il reddito da prendere a riferimento non possa che essere quello fiscalmente dichiarato. 

Una volta accertato che il reddito complessivo della libera professionista sia sotto la soglia indicata dalla norma, ai fini del calcolo dell’importo effettivamente spettante, si dovrà invece tenere ovviamente conto del reddito professionale. Disco rosso anche al riconoscimento dei tre mesi aggiuntivi di maternità in caso di interruzione spontanea della gravidanza ovvero di aborto. Questa fattispecie, dicono i Ministeri, deve restare esclusa, tenuto conto del tenore letterale della norma, che presuppone la corresponsione dell’indennità di maternità, collocando la provvidenza a decorrere dalla fine dell’ordinario "periodo di maternità" conseguente al parto. 

I Ministeri confermano altresì, anche per le tre mensilità aggiuntive, il criterio di calcolo dell’indennità di maternità che non può essere inferiore a cinque mensilità della retribuzione calcolata nella misura pari all’80% del salario minimo giornaliero. Ovviamente in questo caso l’indennità minima sarà pari a tre e non a cinque mesi, calcolati con tale modalità. Altro punto dolente riguarda la copertura degli oneri relativi alla misura. Le Autorità vigilanti fanno sapere che, non essendovi stati stanziamenti aggiuntivi, i costi del provvedimento debbono ricadere sugli iscritti alle Casse, attraverso l’adeguamento del contributo individuale. Assicurano tuttavia il loro impegno per chiedere, in prospettiva, un’integrazione degli stanziamenti previsti.

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