"Da quale studio emergano queste lacune dei medici di medicina generale e qual è la fonte. Dov’è dimostrato che siano poco digitalizzati solo i medici di medicina generale rispetto a tutti gli altri professionisti, medici e altre professioni sanitari
"Da quale studio emergano queste lacune dei medici di medicina generale e qual è la fonte. Dov’è dimostrato che siano poco digitalizzati solo i medici di medicina generale rispetto a tutti gli altri professionisti, medici e altre professioni sanitarie?"
«Tra poco scopriremo che anche la siccità è colpa dei medici di medicina generale», è una battuta che disvela un profondo senso di amarezza quella pronunciata dal segretario generale Fimmg Silvestro Scotti, all’indomani della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale delle Linee Guida per l’attuazione del Fascicolo Sanitario Elettronico. «Un documento tecnico - fa notare Scotti - all’interno del quale si ritrovano una serie di considerazioni che non hanno alcun riscontro nei fatti e che dimostrano un inaccettabile pregiudizio nei confronti dell’intera categoria dei medici di medicina generale». Quattro, in particolare, i punti del documento nei quali "si getta la croce" sui medici di medicina generale per giustificare i dati contenuti nel report di monitoraggio AgID (elaborati sulla base dei dati dichiarati dalle Regioni) dal quale emerge che al III trimestre 2021 l'alimentazione del Profilo Sanitario Sintetico è quasi nulla.
Considerazioni gravi, che spingono il segretario nazionale Scotti a domandare «da quale studio emergano queste lacune dei medici di medicina generale e di indicarne la fonte. Dov’è dimostrato che siano poco digitalizzati solo i medici di medicina generale rispetto a tutti gli altri professionisti, medici e altre professioni sanitarie, coinvolti nell’alimentazione del Fascicolo sanitario elettronico? Dov’è dimostrato che le cartelle cliniche in altri setting assistenziali, ospedali e distretti - oltretutto fornite dal pubblico - siano già interoperabili con il FSE? E che queste cartelle cliniche siano in grado di implementarlo meglio dei software e delle piattaforme di cui la medicina generale si è dotata? o meglio perché non ricorrere alla cooperazione applicativa che sembra l’unica soluzione che non si voglia applicare? Infine, ci chiediamo, se i software utilizzati e acquistati dalle Aziende per la parte dipendente abbiano lo scopo di orientare un professionista sanitario nella gestione nativa del dato clinico che invece dovrebbe nascere da una valutazione competente, argomentata e orientata alla persona che si ha davanti piuttosto che da un algoritmo creato da un informatico». Il FSE rappresenta sicuramente uno strumento utile se lascia la risposta professionale al medico e al cittadino, non può essere invece lo strumento di una dittatura informatica che rende tecnici e quindi terminalisti i professionisti. Fimmg, pertanto, alla luce di quanto pubblicato, chiede l’intervento della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici a tutela del professionalismo medico.
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