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Per il tumore al colon la biopsia liquida guida le cure ed evita quelle inutili

Oncologia Redazione DottNet | 02/08/2022 18:24

Lo rivela lo studio clinico interventistico Chronos, coordinato dall'IRCCS Candiolo di Torino e dall'Ospedale Niguarda di Milano, con la collaborazione dell’Università degli Studi di Torino e dell’Università degli Studi di Milano

La scelta della terapia giusta, per il paziente giusto, al momento giusto: un obiettivo che sembra più vicino per il tumore del colon-retto metastatico, grazie alla biopsia liquida che consente di analizzare il DNA tumorale circolante attraverso un prelievo di sangue e così di selezionare i pazienti in base alle caratteristiche molecolari del tumore in quel momento, a prescindere dalle precedenti terapie e dall’intervallo di sospensione. 

Lo rivela lo studio clinico interventistico Chronos, coordinato dall'IRCCS Candiolo di Torino e dall'Ospedale Niguarda di Milano, con la collaborazione dell’Università degli Studi di Torino e dell’Università degli Studi di Milano e la partecipazione clinica dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, l’Istituto Oncologico Veneto di Padova e l’IRCCS Candiolo.

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Lo studio, pubblicato oggi su Nature Medicine, è stato possibile grazie al finanziamento di Fondazione Piemontese per l’Oncologia IRCCS Candiolo nel contesto di un finanziamento di ricerca AIRC 5x1000. Nei pazienti con tumore al colon-retto metastatico, molte terapie a bersaglio molecolare si basano su anticorpi monoclonali contro i recettori di crescita EGFR, che possono essere utilizzati solo in caso di pazienti senza mutazioni in RAS/BRAF” spiega il professor Alberto Bardelli, co-autore dello studio dell’IRCCS di Candiolo Dipartimento di Oncologia e professore all’Università di Torino -  Sebbene la terapia risulti efficace, la maggior parte dei pazienti sottoposti a questo trattamento, può sviluppare nel tempo resistenza al farmaco e la malattia progredisceA questi pazienti – aggiunge Bardelli - è possibile somministrare una secondo ciclo di terapia, cosiddetta “rechallenge”, che consiste nel riprendere le terapie anti-EGFR dopo un periodo di sospensione, una volta che i geni mutati siano scomparsi e la malattia sia tornata sensibile al trattamento. La difficoltà, tuttavia, sta nel capire quando avviare un rechallenge.”

Fino ad oggi non era possibile stabilirlo se non in modo empirico, in base a un intervallo di tempo statistico intercorso dalla precedente terapia. In questo contesto si inserisce lo studio Chronos che, per la prima volta, sfrutta le potenzialità della biopsia liquida per monitorare in tempo reale l’andamento del tumore e guidare la terapia, consentendo di escluderla nei pazienti con geni mutati nei quali per i quali il trattamento non avrebbe funzionato.

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