La disposizione è contenuta nel Decreto Aiuti bis, precisamente nell’art. 21-bis della legge 21 settembre 2022, n. 142, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 221 del 21 settembre 2022
Buone notizie per quanti sono soffocati dai creditori e non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese. Si alza la soglia di impignorabilità di stipendi e pensioni, per cui chi guadagna meno di 1.000 euro netti al mese non potrà più essere soggetto al taglio del suo emolumento.
La disposizione è contenuta nel Decreto Aiuti bis, precisamente nell’art. 21-bis della legge 21 settembre 2022, n. 142, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 221 del 21 settembre 2022, denominata Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 9 agosto 2022, n. 115, recante misure urgenti in materia di energia, emergenza idrica, politiche sociali e industriali.
Di cosa si tratta in sostanza? Quando una persona (in questo caso un medico) ha un debito che non è riuscito a pagare, attestato da un titolo esecutivo (un contratto, una cambiale, ecc.), il creditore può attivare una procedura giudiziaria che gli consente di entrare in possesso di quanto gli è dovuto tramite una trattenuta sullo stipendio o sulla pensione, che proseguirà fino all’estinzione del debito. Immaginiamo che il medico debitore sia titolare di una pensione Enpam: già nel momento in cui il creditore notifica alla Fondazione l’atto di pignoramento, essa è tenuta a trattenere e mettere da parte un importo pari al 20 per cento della pensione netta, calcolato dopo aver abbattuto la pensione della cosiddetta quota impignorabile. Alla fine del procedimento sarà il giudice a dire all’Enpam (terzo pignorato), con un provvedimento denominato ordinanza di assegnazione di somme, quale sarà l’importo complessivo da trattenere e con quale cadenza mensile.
E’ proprio sulla quota impignorabile che va ad incidere la nuova norma di legge. Fino al 21 settembre 2022, era impignorabile quella parte della pensione netta che corrispondeva all’importo dell’assegno sociale aumentato della metà (circa 700 euro al mese). Ora la nuova disposizione prevede: Le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente al doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale, con un minimo di 1.000 euro.
Il relatore del disegno di legge, il Senatore Pesco, ha affermato che la modifica normativa costituisce un gesto di umanità verso le persone che hanno pensioni veramente irrisorie, che adesso potranno godere di un limite all’impignorabilità un po’ più alto, e a favore dei loro bisogni, perché veramente non hanno le risorse con cui arrivare alla fine del mese. Se si considera che l’assegno sociale è attualmente pari ad € 468,11 al mese, la quota mensile di impignorabilità sarebbe di € 936,22, ma viene ad essere attualmente incrementata a € 1.000. Per fare un esempio, sino a settembre una pensione netta di 1.000 euro, in caso di pignoramento subiva una trattenuta di circa 60 euro; oggi, invece, resta esente da prelievi. Ma il beneficio rimane anche su pensioni più elevate: una pensione di 3.000 euro netti, prima veniva decurtata di 460 euro; oggi soltanto di 400 euro.
Se il nuovo limite si applica ai pignoramenti attivati dal 22 settembre in poi, cosa accade ai pignoramenti iniziati precedentemente? Se non è stata ancora emessa l’ordinanza del giudice, l’Ente che eroga la pensione o il datore di lavoro che paga lo stipendio debbono ridurre autonomamente il prelievo mensile; poi, alla fine del procedimento, l’ordinanza sancirà l’entità definitiva del prelievo, in aderenza alle norme attuali. Ovviamente un’eventuale ordinanza emessa in violazione dei limiti è impugnabile nei modi consueti. Se invece l’ordinanza è precedente al 22 settembre, l’ente previdenziale o il datore sono tenuti ad applicarla così come è stata scritta. Se gli interessati vogliono modificarla, riducendo il prelievo mensile, dovranno interpellare nuovamente il giudice, chiedendone una revisione.
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