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A Firenze 1 medico su 2 usa Whatsapp per ricette e consigli

Professione Redazione DottNet | 21/02/2023 18:56

Il presidente Dattolo: "Strumenti utili per le comunicazioni rapide, ma il confronto umano resta fondamentale”

La pandemia ha incrementato l'uso di app di messaggistica con i pazienti per quasi un medico su due (il 47,6%). Su Whatsapp vengono mandate prescrizioni, valutati esami e dati consigli terapeutici. Oggi 8 dottori su 10 hanno un contatto con gli assistiti tramite smartphone, ma per molti tutto questo è diventato un'invasione della propria sfera privata. Poco usata l'email. 

E' quanto emerge da un sondaggio condotto nel 2022 dall'Ordine dei Medici chirurghi e odontoiatri di Firenze, tramite un questionario diffuso ai propri iscritti. I risultati sono stati presentati questa mattina a Firenze in occasione dell'evento "La Messaggistica Istantanea nell'esercizio della Professione Medica". Il questionario e l’analisi dei dati sono stati realizzati dal laboratorio universitario DataLifeLab dell’Università degli studi di Firenze e dagli esperti della cooperativa Retesviluppo.

"La messaggistica tramite cellulare permette di dare in tanti casi risposte rapide e tempestive ai pazienti, sciogliendo dubbi e timori, andando incontro alle esigenze più varie.

E' importante tuttavia non perdere di vista il confronto umano, di persona, che resta il centro di questa professione. Occorre anche porre attenzione al tema della privacy e restare aggiornati sulle nuove opportunità di comunicazione che si presenteranno nei prossimi anni per essere sempre al fianco della popolazione e nei loro bisogni di cura". Lo afferma Pietro Dattolo, presidente dell'Ordine dei Medici e degli Odontoiatri di Firenze e provincia.

I numeri
Hanno risposto all'indagine 1541 professionisti di cui 814 di sesso maschile e 727 femminile, con un'età media di 55 anni. Per quanto riguarda la specializzazione, la maggioranza dei professionisti che hanno risposto sono nell'Odontoiatria (141), Ginecologia e Ostetricia (78), Pediatria (71), Anestesia e Rianimazione (60), Psichiatria (59), Cardiologia (58). Tra i partecipanti, 442 sono dipendenti pubblici, 561 liberi professionisti, 259 medico di medicina generale, 38 pediatri di libera scelta, 74 pensionati, 65 specializzandi/tirocinanti, 44 universitari.
Il numero degli assistiti è molto variegato, con una media di 1271,6; mentre il numero di pazienti visitati in media è di 83,4, di cui sempre in media 46,2 sono le visite settimanali ambulatoriali. 

Il 79,2% dei medici ha detto di comunicare con i pazienti attraverso i cellulari. E il 22,6% ha affermato di possedere più di uno smartphone, 28 professionisti non ne hanno neppure uno. Il 31,8% utilizza un cellulare esclusivamente dedicato al lavoro, spesso sono i pediatri. I giovani, più degli altri, riescono a tenere due smartphone separati nelle loro vite quotidiane. 
Secondo l'indagine ormai appena lo 0,6% dei medici comunica con i pazienti solo verbalmente. Mentre l'email è adoperata solo dal 6,6% degli intervistati, risultando, quindi, una soluzione poco proficua. 

App e messaggistica
Whastapp è l'app di comunicazione in assoluto più utilizzata (dall'84,3%). Gli sms tradizionali sono mandati dal 50,9 dei medici, mentre solo il 14,5% usa Telegram o Messenger. Dal sondaggio risulta che Whatsapp viene sfruttato per comunicare con i pazienti dal 53,9% dei medici, per fissare appuntamenti dal 39,8%, per inviare prescrizioni dal 20,7%, per valutare esami e dare consigli terapeutici a pazienti dal 42% e per scambiare informazioni cliniche dei pazienti con i colleghi dal 56,1%. Il 7,8% dei medici ha scoperto le app proprio durante l'emergenza pandemica.  

In media, la messaggistica istantanea risulta essere però anche invasiva nella privacy e nella sfera privata di un medico. Ad avvertire molto questa invasione sono soprattutto chirurghi, ematologi, endocrinologi, geriatri, ginecologi, medici legali, dello sport, del lavoro, nefrologi, neurologi, pediatri e psichiatri. Dal sondaggio appaiono anche delle lacune sulle conoscenze in tema di privacy: quasi la metà dei medici (47,7%), negli ultimi 3 anni non ha partecipato ad un corso di formazione sul trattamento/consenso dei dati.  

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