SItI si interroga sui danni causati dalle emergenze umanitarie e sanitarie e sulle possibili soluzioni per eliminare le diseguaglianze
Durante il 56° Congresso Nazionale della Società italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (SItI), ampio spazio viene dato ad una tematica cruciale in questo travagliato momento storico, a cui è dedicata la sessione plenaria "Economia di guerra e impatto sulla sanità pubblica".
I conflitti e le guerre, spesso legati alla lotta per il controllo delle risorse naturali preziose e ai mutamenti geopolitici, stanno devastando molte comunità che si trovano già in situazioni di sofferenza a causa dei cambiamenti climatici. Le conseguenze, come le carenze alimentari, l’insicurezza, lo spostamento delle popolazioni e la perdita di biodiversità, creano le condizioni ideali per la comparsa e la diffusione di nuovi microrganismi.
Il Dr. Donato Greco, Istituto Superiore di Sanità e Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute, nel suo intervento dedicato a "Guerre e salute" ha approfondito il ruolo, sia storico che di triste attualità, del rapporto che i conflitti, in ogni parte del mondo, hanno e hanno avuto sulla determinazione di problemi di salute per le popolazioni interessate. Fin dagli albori delle prime comunità umane, a fianco del danno diretto a persone militari e civili causato direttamente dalle armi, sono stati documentati danni talvolta anche maggiori di questi, causati dall’insorgenza di epidemie nelle popolazioni coinvolte nei conflitti. "Che la guerra faccia male alla salute è un evento storico notissimo – afferma Greco - ma abbiamo osservato lo scoppio di focolai epidemici direttamente conseguenza di azioni belliche attualmente in corso. Purtroppo, abbiamo numerosi esempi, come la poliomelite che è riemersa in 48 Paesi Africani, con il colera che impazza sia in Africa ma anche in America Latina e nel Sud Est Asiatico così come ultimamente abbiamo anche l’Epatite E che sta impazzano in questi giorni nel Sud Sudan. Questo significa una nuova necessità, quella di aggiungere all’intervento post-bellico, non soltanto elementi vitali di nutrizione, acqua potabile, cibo etc., ma anche una sorveglianza sanitaria che possa prevenire questi scoppi epidemici che sono un rischio non solo per i Paesi belligeranti ma anche per i Paesi vicini dove si esporta questo tipo di epidemia".
La guerra, la pandemia e la crisi economica hanno accentuato delle disuguaglianze di salute che erano già presenti non solo nel mondo ma anche in Europa e in Italia, il 56° Congresso Nazionale SItI si interroga sulle corrette iniziative di contrasto per eliminare le disuguaglianze sul piano sanitario. Il Dott. Michele Conversano, Direttore del Servizio di Igiene e Sanità Pubblica della ASL di Taranto, ha affrontato il tema "Crisi economica e disuguaglianze di salute: iniziative di contrasto", in cui ha lanciato una riflessione sulla necessità di cambiare la metodologia in atto, sfruttando il progresso tecnologico per migliorare ed efficientare le tecniche di chiamata dei cittadini per favorire un aumento delle coperture vaccinali e dell’adesione agli screening, al fine di contrastare le disuguaglianze nell’accesso alla prevenzione. "Un cittadino che nasce nella provincia autonoma di Trento ha una aspettativa di vita superiore di tre anni a quella di un cittadino del Sud – osserva Conversano. Non solo, la presenza di malattie croniche degenerative è molto più alta negli anziani del Sud rispetto a quelli del Nord. Abbiamo quindi bisogno di intervenire per ridurre queste disuguaglianze perché la pandemia le ha accentuate, il virus è stato democratico – ha colpito un po' tutti i ceti sociali - ma le conseguenze sono state diverse tra chi ha potuto curarsi meglio e chi non ha avuto accesso alle cure. Lo vediamo anche in questo momento quante sono le persone che per motivi economici non accedono alle cure mediche e odontoiatriche. E’ importante poter agire e la prevenzione è uno dei metodi e dei mezzi più economici e più importanti per raggiungere queste popolazioni. Lo dobbiamo fare in tutti i nostri campi. Anche nel campo della prevenzione esiste un gradiente della adesione agli screening tra Nord e Sud, esiste anche nelle vaccinazioni, si pensi che in alcune regioni - e non solo del Sud – c’è il 70% delle mamme che non fa vaccinare le proprie figlie, i propri figli per un vaccino contro un tumore, quello del collo dell’utero e dell’apparato genitale. Dobbiamo adottare misure molto più incisive, la chiamata attiva di tutti, andare a fare screening con mezzi mobili nei quartieri dove l’adesione è bassa, andare a vaccinare nelle scuole, vaccinare nei quartieri più poveri per raggiungere quell’equità che è uno degli obiettivi principali che il Piano Nazionale di Prevenzione 2020-2025 indica e noi Operatori di Sanità Pubblica siamo i professionisti che devono fare questo."
"Per ottimizzare le risorse e superare le emergenze, ha sottolineato, infine, il dott. Dr. Filippo Ansaldi, Direttore Generale dell’Azienda Ligure Sanitaria – è necessaria una integrazione della preparedness a livello regionale e con il Ministero ai fini di garantire una omogeneità e una maggiore efficienza tramite un coordinamento verticale." Nel suo intervento "Emergenze sanitarie: integrazione della preparedness nelle attività di sanità pubblica", il dott Ansaldi ha enfatizzato l’importanza della pianificazione, preparazione e implementazione di misure di prevenzione e controllo, la gestione delle risorse umane e materiali, la comunicazione efficace con il pubblico e altri stakeholder, e la valutazione costante dell’efficacia delle misure adottate, richiedendo un approccio interdisciplinare e intersettoriale, oltre che la collaborazione con le autorità sanitarie e governative.
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