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Le ondate di calore aumentano i rischi per chi ha l'Alzheimer

Neurologia Redazione DottNet | 23/08/2023 17:32

Lo dimostra uno studio dell’Università di Trieste, realizzato in collaborazione con l’Environmental Neurology Specialty Group della World Federation of Neurology

Le persone con patologie neurodegenerative, in particolare demenza e Alzheimer, potrebbero essere particolarmente a rischio durante le ondate di calore. Lo dimostra uno studio dell’Università di Trieste, realizzato in collaborazione con l’Environmental Neurology Specialty Group della World Federation of Neurology e pubblicato sulla rivista scientifica Current Alzheimer Research. Si tratta della prima review che ha raccolto e analizzato tutta la letteratura dedicata all’argomento.

Tra i numerosi effetti negativi che le patologie neurodegenerative possono avere sulle capacità cognitive e funzionali vi è una ridotta capacità di termoregolazione dell’organismo, soprattutto negli anziani.

Per questo motivo, se sottoposti a forti ondate di calore, i malati di Alzheimer o quelli affetti da demenza potrebbero non riuscire a mantenere costante la temperatura del proprio corpo, esponendosi così a rischi maggiori rispetto alle altre persone. Inoltre, il riscaldamento globale potrebbe essere indirettamente associato allo sviluppo di malattie, per esempio renali o infettive, che possono danneggiare ulteriormente la salute dei soggetti fragili.

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«Sulla base dei dati presenti in letteratura, emerge come durante le ondate di calore siano proprio le persone anziane e quelle con patologie croniche, tra cui i decadimenti cognitivi, a riportare un più alto rischio di ospedalizzazione e di mortalità — sottolinea Alex Buoite Stella, ricercatore in Fisiologia umana all’Università di Trieste e primo autore dello studio —. Già piccoli aumenti di temperatura ambientale, specialmente con alti tassi di umidità, possono ridurre l’efficacia termoregolatoria in alcune di queste condizioni, rendendo più difficile disperdere calore sia tramite le risposte fisiologiche, che quelle comportamentali».

«I periodi di calore sempre più intensi e frequenti rappresentano un fattore di rischio per le persone fragili, ma soprattutto hanno un effetto negativo sul sistema nervoso centrale, a partire dai “colpi di calore”, in combinazione con il rischio di disidratazione, con effetti più gravi su persone già in parte affette da patologie neurodegenerative come il decadimento cognitivo e il Parkinson — aggiunge Paolo Manganotti, docente di Neurologia all’Università di Trieste, direttore della Clinica neurologica dell’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina e coordinatore dello studio —. È importante essere consapevoli di dover affrontare questo ulteriore fattore di rischio ambientale stagionale, con strategie adatte e calate sulla persona».

Sotto l’aspetto fisiologico, le persone con disturbi cognitivi e malattie neurodegenerative rischiano di essere colpite dalle ondate di caldo attraverso diversi meccanismi, come lo stress da calore che potrebbe comportare un aumento di tossicità neuronale, stress ossidativo e neuroinfiammazione. Se concomitanti, questi effetti potrebbero promuovere l’accumulo del peptide beta amiloide e della proteina tau, molecole ritenute i principali responsabili della malattia di Alzheimer. Inoltre le persone con malattia di Alzheimer possono avere schemi circadiani alterati, cioè variazioni della temperatura corporea nell’arco della giornata diverse da quelle fisiologiche e manifestare anomalie della termoregolazione, cioè difficoltà da parte dell’organismo ad alzare o abbassare la temperatura per adattarsi alle condizioni ambientali.

Anche fattori comportamentali contribuiscono alla maggiore difficoltà delle persone con deficit cognitivi e malattie neurodegenerative nel far fronte al caldo estremo: per esempio un’alterazione della percezione del rischio e della capacità di prendersi cura di sé. È stato ipotizzato che il forte aumento dei decessi tra le persone con gravi deficit cognitivi (demenze di varia origine, tra cui quelle derivanti da ictus o morbo di Alzheimer) durante le ondate di calore potrebbero essere causate dall’incapacità di una persona di percepire le condizioni ambientali, la soglia della sofferenza e ascoltare i meccanismi di difesa fisiologici, tra cui la sete. Alcuni farmaci possono poi influenzare le risposte termoregolatorie e in particolare la sudorazione, che viene alterata con conseguente difficoltà del corpo di disperdere il calore.

«La ricerca a livello internazionale ha preso in seria considerazione il problema degli effetti dei cambiamenti climatici sulla salute — conclude Alex Buoite Stella —. A partire dai modelli fisiologici delle risposte dell’organismo agli stress termici è possibile quindi individuare le strategie ottimali per mitigare i rischi di malattie caldo-correlate, attraverso gli strumenti e gli obiettivi della medicina personalizzata e grazie al supporto delle nuove tecnologie».

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