Le pazienti con determinati tipi di carcinoma mammario trattate con una terapia innovativa vivono più a lungo senza che la neoplasia cresca, si diffonda o peggiori
Cala del 38% il rischio di progressione della malattia o di morte del paziente: la sopravvivenza media prima che il tumore ricominci ad avanzare è di 13,2 mesi con il nuovo farmaco, trastuzumab deruxtecan, rispetto agli 8 dell’attuale chemioterapia standard. Inoltre raddoppiano le risposte cliniche, vicine al 60%: ovvero la cura, che è ben tollerata e senza particolari effetti collaterali aggiuntivi, funziona per molte più persone. Sono questi i risultati di uno degli studi più rilevanti fra gli oltre 5.500 che vengono presentati in questi giorni a Chicago, dov’è in corso il congresso annuale dell’American Society of Clinical Oncology (Asco). «Gli esiti dello studio DESTINY-Breast06 sono destinati a cambiare l’attuale pratica clinica per le pazienti con un carcinoma mammario inoperabile o metastatico ormono-positivo (HR), HER2-low o ultralow, anticipando l’utilizzo degli anticorpi coniugati come prima linea di trattamento dopo la terapia ormonale combinata a target therapy - dice Giuseppe Curigliano, direttore Divisione Sviluppo di nuovi farmaci per terapie innovative all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, che ha presentato i dati al convegno negli Usa -. Parliamo di donne che hanno già metastasi, anche cerebrali, per le quali riusciamo quasi a raddoppiare il tempo di controllo della neoplasia».
«Quella degli HER2-positivi è una delle tre principali tipologie di cancro al seno (insieme a tumori con espressione dei recettori per estrogeno/progesterone e tumori triplo negativi) - aggiunge Saverio Cinieri, presidente di Fondazione Aiom -.
La sperimentazione (di fase tre, l’ultima prima dell’approvazione di una nuova cura) DESTINY-Breast06 ha arruolato 866 donne con carcinoma mammario inoperabile o metastatico ormono-positivo (HR), HER2-low o ultralow che sono progredite dopo una prima linea di terapia ormonale e non hanno mai ricevuto chemioterapia. «In Italia e all’estero, la strategia attuale prevede che, dopo il trattamento ormonale ed eventuali target therapy, quando il tumore ricomincia a crescere si prescriva la chemioterapia, che ha però un’efficacia limitata - spiega Curigliano -. L’intento è rallentare, se non fermare, la neoplasia. Gli esiti di DESTINY-Breast06 (pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica New England Journal of Medicine in contemporanea alla presentazione ad Asco) indicano che al posto della chemioterapia bisogna procedere con trastuzumab deruxtecan perché i benefici sono notevoli, mai visti finora e tali da giustificare un cambio della cura standard in tutto il mondo. Trastuzumab deruxtecan viene somministrato per via endovenosa ogni tre settimane ed è altamente selettivo per le cellule tumorali, riducendo al minimo i danni alle cellule sane circostanti e aumentando l’efficacia del trattamento».
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