Il neurologo, alleati preziosi per motivare il paziente
Mentre la ricerca segue i suoi percorsi in laboratorio per definire strategie mediche sempre più mirate ad aiutare i malati di Parkinson, sembra ormai evidente che una corretta e moderna gestione della malattia passi da una combinazione di terapie farmacologiche, assistenziali e coinvolgimento in attività diversificate. In questa prospettiva arte e sport diventano alleati preziosi che consentono a pazienti e familiari di migliorare la quotidianità nonostante i limiti imposti dalla patologia che solo in Italia interessa più di 300mila persone. Non si tratta di strumenti che portano ad una guarigione, al momento non ancora possibile, ma di sinergie terapeutiche per combattere da una parte lo stigma sociale e l'isolamento, dall'altra per rivendicare con forza che un uomo non è la sua malattia. Tuttavia diventa imprescindibile per l'adattamento ad una nuova vita il recupero della vitalità anche a seguito di una diagnosi di tipo neurodegenerativo che costringe a fare i conti con sintomi di natura motoria come tremore, rigidità, lentezza, disturbi del cammino, della postura e dell'equilibrio; e non motoria tra cui ansia, depressione, psicosi, ossessioni, disturbi cardiovascolari, declino cognitivo.
Di questo approccio multimodale al morbo di Parkinson, spiega Nicola Modugno, neurologo, direttore del centro Parkinson e disturbi del Movimento all'istituto Neuromed di Pozzilli che con l'associazione Parkin-zone organizza progetti di assistenza ai parkinsoniani.
"Fare sport regolarmente ha benefici sul progredire della malattia e sul benessere generale dei pazienti - spiega il dottor Modugno - Affiancare le necessarie e imprescindibili cure farmacologiche tradizionali a sport e laboratori artistici mira a una terapia più bilanciata, con dosaggi contenuti per una più facile gestione degli effetti collaterali. Attraverso la pratica di discipline in grado di promuovere l'apprendimento motorio, si stimolano infatti i processi di neuroplasticità cerebrale alla base dell'evoluzione della malattia. Con lo sport, con l'arte, si aiutano i pazienti a riacquistare autostima e confidenza nelle proprie possibilità e a ridefinire quali sono i reali limiti che la patologia comporta". "L'impressione che si ha - sottolinea Modugno - è che oltre al correlato di sintomi le persone provino una certa perdita della comprensione di se stessi, di cosa sono in grado di fare. Una sorta di annullamento che non riguarda solo la persona con la malattia ma anche e soprattutto i familiari. Ad esempio quando portiamo pazienti a svolgere attività sportiva o artistica vediamo la facilità dei pazienti ad agire e lo sconvolgimento e lo stupore delle persone abituate a vivere con loro quando li vedono realizzare performance inaspettate".
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