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Nuove pensioni 2025: importante incremento del tasso di rivalutazione dei contributi

Previdenza Redazione DottNet | 18/12/2024 15:31

Per quanti andranno in pensione nel 2025 c’è una buona notizia: la rivalutazione del montante contributivo sarà del 3,66%, in deciso aumento rispetto al 2,30% dello scorso anno

Per buona parte dei prossimi pensionati, il dato più importante per il calcolo del loro trattamento non è più l’ultimo stipendio o gli ultimi dieci anni di retribuzione, che sono utili per la quantificazione della quota di pensione determinata con il sistema retributivo, ma il coefficiente di capitalizzazione dei montanti contributivi, perché, almeno dal 2012 in poi (ma per molti altri dal 1996 in poi), la quota di pensione corrispondente viene determinata con il sistema contributivo.

Questo sistema si applica anche, a partire dal 2013, anche ai medici e agli odontoiatri iscritti all’Enpam, con riferimento a due delle cinque gestioni dell’Ente: la Quota A del Fondo di previdenza generale e la Gestione degli Specialisti esterni accreditati. Con il sistema contributivo, la pensione viene calcolata attraverso i contributi versati, che vengono rivalutati anno dopo anno sulla base di un particolare coefficiente (appunto il coefficiente di capitalizzazione), che viene individuato nel tasso medio annuo composto di variazione del prodotto interno lordo nominale, nei cinque anni precedenti il penultimo anno prima della decorrenza della pensione.

 Ebbene per quanti andranno in pensione nel 2025 c’è una buona notizia: la rivalutazione del montante contributivo sarà del 3,66%, in deciso aumento rispetto al 2,30% dello scorso anno. Lo ha comunicato l’Istat, con la sua nota prot. 2545394 del 2024, pubblicata sul sito del Ministero del Lavoro, nella quale espone il tasso di capitalizzazione ai sensi della legge n. 335/1995, riferito all’anno 2024.

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Si tratta del terzo aumento consecutivo, dopo il valore negativo registrato nel 2021 a seguito della pandemia, e del coefficiente più alto dal 2006, quando fu pari al 4,05%. Molti si chiederanno come sia possibile questo risultato, visto che l’economia italiana, pur recentemente in lieve positivo, non sembra aver registrato particolari performances nell’ultimo quinquennio: la risposta sta nel fatto che l’indice tiene conto non del Pil reale, ma di quello nominale, che ingloba anche l’inflazione riscontrata nel periodo, piuttosto elevata negli ultimi anni. Il nuovo valore, quindi, sarà utilizzato come parametro per rivalutare il montante acquisito al 31 dicembre 2023 dai lavoratori interessati, con decorrenza della pensione compresa fra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2025. Secondo il meccanismo di legge, infatti, la rivalutazione non viene effettuata sui contributi versati nell’anno precedente la decorrenza della pensione (il 2024), ed in quello del pensionamento (appunto il 2025). Tanto per esemplificare, un montante di 100.000 euro al 31 dicembre 2023, diventerà pari a 103.660 euro, e ad esso andranno aggiunti, senza rivalutazione, i contributi versati nel 2024 e nel 2025.

Per l’effettiva determinazione della pensione entrerà poi in gioco un altro coefficiente, il cosiddetto coefficiente di trasformazione. Si tratta della percentuale che, applicata al montante, determina l’importo annuo del trattamento, in funzione dell’età di pensionamento. La tabella relativa contiene valori a partire dal 57° e fino al 71° anno di età. Anche questi coefficienti sono soggetti a revisione, con cadenza biennale: nel biennio 2023/2024, a seguito della riduzione dell’aspettativa di vita conseguente al Covid, sono aumentati, consentendo l’erogazione di pensioni più alte. Per il 2025/2026 è invece ripreso l’ordinario trend discendente.

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