La una nuova generazione di linfociti T geneticamente modificati, capaci di aggredire alcuni tipi di cellule tumorali con maggiore efficacia e minori effetti collaterali rispetto ai trattamenti standard
Gli scienziati della Fondazione Tettamanti, in collaborazione con l'Irccs San Gerardo dei Tintori di Monza, hanno sviluppato le Carcik, una nuova generazione di linfociti T geneticamente modificati, capaci di aggredire alcuni tipi di cellule tumorali con maggiore efficacia e minori effetti collaterali rispetto ai trattamenti standard. Questi linfociti, potenziati in laboratorio grazie a specifici recettori artificiali, rappresentano un’evoluzione delle terapie con cellule Car-T e sono concepiti per trattare varie forme di neoplasie ematologiche, in particolare la leucemia linfoblastica acuta, che in Italia fa registrare circa 400 nuove diagnosi l’anno, soprattutto in età pediatrica.
La principale novità dei linfociti Carcik (Chimeric Antigen Receptor-Cytokine Induced Killer) risiede nel modo in cui vengono realizzati. A differenza delle Car-T commerciali, che richiedono il prelievo di cellule dal paziente stesso, le Carcik sono ricavate da campioni di sangue donato da individui sani. Un approccio che consente di ridurre costi, tempi d’attesa e complessità del trattamento, dal momento che si evitano procedure invasive sul paziente in condizioni già critiche.
Tra i trattamenti in corso di studio presso la Fondazione Tettamanti, quelli per la leucemia linfoblastica acuta di tipo B e dei linfomi non Hodgkin di tipo B, oltreché per la leucemia mieloide acuta. Le cellule Carcik sono prodotte presso il laboratorio Verri, una cell factory attiva dal 2003, che riunisce le risorse e le competenze necessarie per implementare queste complesse procedure di ingegneria cellulare. Le sperimentazioni attualmente in corso, e quelle future, puntano a confermare i risultati promettenti ottenuti in ambito preclinico. La speranza è di rendere accessibile a un maggior numero di pazienti un trattamento innovativo, realizzato su misura e potenzialmente meno invasivo delle terapie attuali. Ci vorranno ancora molti anni, tanta sperimentazione e rigorose verifiche prima che la terapia Carcik possa diventare una cura disponibile a tutti i pazienti. Ma alla luce dei risultati ottenuti finora, la strada verso trattamenti sempre più mirati e tollerabili per i tumori del sangue sembra tracciata.
I risultati di uno studio della Fondazione Tettamanti e dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII sono stati pubblicati sul “Blood Cancer Journal”
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