
Si tratta dell’attivazione di alcuni enzimi, in grado di promuovere la resistenza alle terapie endocrine ed a bersaglio molecolare nelle cellule tumorali.
Individuata la causa della limitata efficacia delle cure più comuni per il tumore del seno metastatico: si tratta dell’attivazione di alcuni enzimi, in grado di promuovere la resistenza alle terapie endocrine ed a bersaglio molecolare nelle cellule tumorali. È quanto emerge da uno studio internazionale, pubblicato oggi su Nature Genetics. Fra gli autori figurano il Prof. Giuseppe Curigliano, Direttore della Divisione Nuovi Farmaci per Terapie Innovative IEO, e il Dr. Antonio Marra, giovane medico-ricercatore della stessa Divisione.E' noto che le alterazioni genetiche acquisite, vale dire dovute a errori casuali che avvengono durante la replicazione del DNA o all'esposizione a fattori di rischio, rappresentano una causa comune di resistenza alle terapie endocrine e mirate (target therapy) nel tumore al seno metastatico.
Tuttavia, i processi alla base di queste diverse mutazioni sono in gran parte ancora sconosciuti.
Mediante l’utilizzo di whole genome sequencing (WGS) di modelli preclinici di tumore al seno e di campioni clinici di pazienti, i ricercatori hanno dimostrato che il processo di mutazione di APOBEC3 promuove la resistenza sia alle terapie endocrine che a quelle mirate, attraverso specifiche alterazioni genomiche, come ad esempio le alterazioni con perdita di funzione del gene RB1. La presenza di attività APOBEC3 anche nei campioni clinici pre-trattamento evidenzia il ruolo pervasivo di questo processo mutazionale nell’evoluzione del tumore al seno. “Lo studio rivela che le mutazioni geniche mediate da APOBEC3 innescano la resistenza alle terapie e ne evidenzia quindi il potenziale come biomarcatore e bersaglio terapeutico per superare tale resistenza. Abbiamo quindi inserito un importante tassello mancante nel quadro dell’efficacia delle nuove terapie per il tumore al seno metastatico. Superare la resistenza ai farmaci significa guadagnare anni di vita senza progressione di malattia e dunque arrivare più vicini all’obiettivo di rendere il tumore al seno avanzato una malattia cronica, con cui è possibile convivere sempre più a lungo” conclude il Prof. Curigliano.
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