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Allarme radioterapia, l’Italia rischia di rimanere senza specialisti

Professione Redazione DottNet | 21/05/2025 18:14

Krengli: : “In Italia ci sono oggi poco più di 1.000 radio-oncologi in attività, un numero ampiamente insufficiente rispetto al fabbisogno reale. E la situazione è destinata a peggiorare se non si interverrà rapidamente"

"Senza un intervento immediato sul fronte della formazione universitaria, l’Italia rischia di non avere abbastanza radioterapisti per garantire cure oncologiche adeguate nei prossimi anni". È il grido d’allarme lanciato oggi nel corso del convegno "Il futuro della radioterapia: formazione, ricerca e innovazione", organizzato dall’Intergruppo Parlamentare Oncologia: prevenzione, ricerca e innovazione, presieduto dalla Senatrice Tilde Minasi.

Tenutosi presso la Sala dell’Istituto di Santa Maria in Aquiro del Senato della Repubblica, l’incontro ha messo al centro un tema cruciale per la sanità pubblica: la carenza di medici radioterapisti oncologi.

Il Prof. Marco Krengli (nella foto), Direttore della UOC di Radioterapia dell’Istituto Oncologico Veneto – IRCCS e Presidente di AIRO, ha tracciato un quadro preoccupante: "In Italia ci sono oggi poco più di 1.000 radio-oncologi in attività, un numero ampiamente insufficiente rispetto al fabbisogno reale. E la situazione è destinata a peggiorare se non si interverrà rapidamente per rendere questa specializzazione più attrattiva nei percorsi universitari e nelle scuole di specializzazione".

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La radioterapia oncologica è un trattamento fondamentale nel percorso di cura per circa il 70% dei pazienti oncologici, ma nel nostro Paese resta sottoutilizzata e scarsamente integrata nei programmi terapeutici. La Dott.ssa Cinzia Iotti, Direttore dell’UOC di Radioterapia dell’AUSL-IRCCS di Reggio Emilia e già Presidente AIRO, ha aggiunto: "La questione non è la mancanza di tecnologie, ma la mancanza di percorsi strutturati e di specialisti. Nei tumori al seno, ad esempio, cinque sedute di radioterapia ipofrazionata possono sostituire le 15 tradizionali, con la stessa efficacia e maggiore qualità della vita. Ma servono professionisti e organizzazione per renderlo possibile."  Secondo la Sen. Tilde Minasi, che ha aperto i lavori del convegno: "La radioterapia è uno strumento salvavita, eppure non tutti i cittadini vi accedono in modo uniforme. Serve un impegno concreto delle istituzioni per colmare le disparità territoriali, investire nella formazione dei medici e ampliare l’accesso anche a tecnologie come la protonterapia, che oggi potrebbe giovare a circa 20.000 pazienti l’anno ma è disponibile solo in pochi centri".

Durante l’evento è intervenuta anche FAVO, la Federazione delle Associazioni di Volontariato in Oncologia, che ha sottolineato l’importanza di riconoscere il ruolo dei radioterapisti all’interno delle reti oncologiche regionali e dei Tumor Board, per garantire ai pazienti terapie personalizzate e accessibili. Anche la Società Italiana di Uro-Oncologia (SIUrO) ha ribadito l’urgenza di potenziare le unità di patologia come le Prostate Unit, con indicatori di qualità reali, affinché la radioterapia venga impiegata in modo appropriato sin dalle prime fasi dei trattamenti. Il messaggio del convegno, moderato dall’On. Francesca Galizia, è chiaro: senza una strategia nazionale per formare e valorizzare nuovi radioterapisti, l’Italia rischia di non essere in grado di garantire ai pazienti oncologici cure tempestive, efficaci e moderne. Serve una risposta politica e istituzionale immediata

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