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Obesità e malattie cardiache: 20mila morti l’anno. I cardiologi SIC: “Legge Pella passo storico, ma servono LEA anche per i pazienti cardiopatici”

Cardiologia Redazione DottNet | 09/12/2025 11:14

I nuovi farmaci anti-obesità proteggono anche il cuore, ma la rimborsabilità deve riguardare solo i pazienti realmente a rischio: la richiesta dei cardiologi al Congresso SIC.

L’obesità e le malattie cardiache costituiscono un binomio che grava pesantemente sulla salute pubblica. È quanto emerso durante i lavori del Congresso annuale della Società Italiana di Cardiologia (SIC), da dove parte un appello inequivocabile: l’obesità non va considerata solo un problema estetico o esclusivamente metabolico. Ha, al contrario, tutti i criteri per poter essere assimilata a una vera e propria patologia cardiovascolare in sé, capace di determinare oltre 20.000 decessi l’anno solo nel nostro Paese. Si tratta del 10% delle 220.000 morti cardiovascolari complessive registrate ogni anno in Italia.


E così, in questa cornice, si inserisce anche la discussione attorno alla cosiddetta Legge Pella, che amplia la rimborsabilità dei nuovi farmaci anti-obesità. Una misura accolta dalla SIC come "un traguardo storico", ma che necessita – secondo i cardiologi – di una precisazione fondamentale: questi trattamenti devono essere resi disponibili prioritariamente ai pazienti cardiopatici e non a chi desidera utilizzarli come risorsa esclusivamente mirata a perdere peso.

Obesità e malattie cardiache: un’emergenza sottovalutata

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L’impatto dell’obesità sulle patologie cardiovascolari è tema di profonda rivalutazione. "L’obesità provoca oltre 20.000 decessi l’anno per problemi cardiovascolari" afferma Pasquale Perrone Filardi, presidente SIC. "A livello globale, sono stimati circa 2 milioni di morti attribuiti a un indice di massa corporea elevato". Si tratta, peraltro, di numeri in crescita: studi condotti negli Stati Uniti dimostrano come la mortalità per cardiopatia ischemica correlata all’obesità sia più che triplicata negli ultimi 15 anni. Un aumento, questo, conseguente alla crescente diffusione del sovrappeso in tutte le fasce della popolazione.
Il peso eccessivo, è stato ricordato, non determina solo un rischio metabolico: può invece avere pesanti ripercussioni sull’intero apparato cardiovascolare. Infarto, ictus, scompenso cardiaco, fibrillazione atriale: sono tutte condizioni strettamente correlate ai chili in eccesso e che spesso accompagnano i pazienti per molti anni, aumentando progressivamente la probabilità di complicanze. "Quattro italiani su dieci sono obesi o sovrappeso", aggiunge Filardi, "e ogni anno vissuto con un eccesso ponderale aumenta il rischio cardiovascolare".

Farmaci anti-obesità: efficaci oltre il peso, ma da usare con criterio

Negli ultimi anni le nuove classi di farmaci anti-obesità si stanno ritagliando spazi importanti in più aree della medicina, con particolare riferimento agli agonisti del GLP-1 e ai dual-agonisti di nuova generazione. Sono molecole che non solo consentono una perdita di peso significativa e sostenibile, ma che hanno mostrato benefici diretti sul cuore, con una riduzione fino al 40% degli eventi cardiovascolari nei pazienti ad alto rischio.
Gianfranco Sinagra, presidente eletto SIC, evidenzia la portata di questi risultati dal punto di vista cardiovascolare: "L’obesità deve essere considerata un nuovo target terapeutico per prevenire le malattie cardiache. I nuovi farmaci anti-obesità mostrano benefici che vanno ben oltre il calo ponderale, riducendo in modo significativo l’incidenza di infarto e ictus". Proprio questa dimostrata efficacia ha condotto la SIC ad appoggiare l’estensione della rimborsabilità da parte di AIFA, prevista dalla Legge Pella.

C’è un punto cruciale: la sostenibilità. Si tratta di farmaci costosi e, dunque, la priorità dovrebbe essere assicurata primariamente ai pazienti che rischiano complicanze gravi. "Aprire alla rimborsabilità nei pazienti cardiopatici significa garantire equità di accesso alle cure a una categoria realmente a rischio", prosegue Sinagra. "Non si tratta di permetterne l’uso a chi vuole dimagrire per finalità estetiche, ma di tutelare chi può trarne un beneficio clinico immediato".
La posizione della SIC, peraltro, è perfettamente allineata con l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che nei giorni scorsi ha definito i farmaci per la perdita di peso un nuovo capitolo in merito alla lotta all’obesità e alle malattie mortali correlate.

Non solo farmaci: la prevenzione deve iniziare dai bambini

Dai lavori SIC tuttavia emerge anche un concetto essenziale: se il farmaco può evitare le complicanze più gravi nei pazienti a rischio, l’educazione a stili di vita sani fin dall’infanzia può evitare la medicalizzazione nel tempo. Lo spiega chiaramente Francesco Barillà, presidente della Fondazione "Il Cuore Siamo Noi": "Il contrasto all’obesità deve iniziare fin da piccoli, perché l’Italia è il peggiore Paese europeo per incidenza di obesità infantile. Serve una politica che inserisca ore obbligatorie di educazione alimentare nelle scuole primarie".
Un approccio che supera la cosiddetta prevenzione primaria per diventare prevenzione primordiale, cioè quella forma di educazione alla salute che ha l’obiettivo di impedire lo sviluppo di fattori di rischio già nei primi anni di vita.

Questo tema è un punto centrale del Piano Strategico Nazionale per la Salute Cardiovascolare, redatto dalla Federazione Italiana di Cardiologia (FIC) con SIC e ANMCO. Ciro Indolfi, coordinatore del documento, afferma: "Nel piano si punta a promuovere campagne di educazione alimentare e attività fisica, dalle scuole primarie fino ai luoghi di lavoro, per disincentivare comportamenti dannosi come alimentazione scorretta e sedentarietà".
Nel documento si riconosce infatti come l’obesità sia un problema complesso e multifattoriale nel quale incidono genetica, ambiente, accesso al cibo, livello culturale, contesto socioeconomico. Intervenire solo con i farmaci non basta. Serve una strategia che agisca in contemporanea su più piani: scuola, famiglia, comunità, sanità pubblica.

La richiesta finale della SIC: collaborazione istituzionale e LEA per i cardiopatici

Il messaggio conclusivo della SIC è un invito alla collaborazione. "Siamo disponibili a offrire il nostro contributo attraverso attività di ricerca e conoscenza scientifica per fare interventi di lotta all’obesità in sinergia con le istituzioni", conclude Perrone Filardi. L’obiettivo è migliorare la salute cardiovascolare dei cittadini fin dall’infanzia, ma anche garantire che i pazienti cardiopatici ricevano trattamenti appropriati e tempestivi.
Qui si inserisce un nodo centrale: l’inserimento delle cure per cardiopatici obesi nei LEA, i Livelli Essenziali di Assistenza. Solo così si può assicurare un accesso equo a terapie innovative che, nei pazienti a rischio elevato, non rappresentano una semplice opzione, ma una vera e propria necessità clinica.
In sintesi, quando si parla di obesità e malattie cardiache, i lavori della SIC si possono interpretare attraverso questa chiave di lettura: intervenire presto, intervenire bene. Questa è la direzione indicata dalla cardiologia italiana.

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