Oltre ventimila decessi l'anno: questi i numeri relativi alla mortalità provocata dalla trombosi venosa, patologia che sarà al centro del dibattito promosso dal Collegio italiano di Flebologia in programma sabato prossimo, 27 novembre, a Napoli. Una cifra che i medici ritengono sia 'sottostimata'. E non solo. La trombosi venosa colpisce circa il 50 per cento della popolazione italiana, motivo per cui le istituzioni sanitarie competenti si propongono di mettere in campo iniziative volte alla prevenzione. E proprio muovendosi in questa direzione, al dibattito, accanto agli specialisti, saranno presenti molti medici di base provenienti da diverse regioni italiane.
'Oggi - spiga Lanfranco Scaramuzzino, flebologo e promotore del convegno - la trombosi venosa può essere paragonata, per numero di morti, a patologie come l'ictus e l'infarto'. Altro dato importante, come sottolinea il medico, è la possibile trasmissione genetica della malattia. 'Sebbene - dice Scaramuzzino - non sia ancora stata pienamente dimostrata una trasmissione genetica della trombosi venosa, nell'85 per cento dei casi si manifesta in persone con precedenti familiari, mentre soltanto un 22 per cento di pazienti manifesta la patologia senza antecedenti'. Fondamentale, nella diagnosi precoce della malattia, il ruolo dei medici di base che, per primi, possono accorgersi dell'insorgere della patologia, coì da poter intervenire tempestivamente, indicando ai pazienti centri specializzati cui potersi riferire.
Società scientifiche ed esperti concordano sulla necessità di agire sull’organizzazione e il monitoraggio – anche attraverso i LEA - e sulla comunicazione per un paziente più consapevole
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Il documento ha affrontato il tema dell’aderenza terapeutica nei suoi diversi aspetti, sia a livello mondiale che italiano
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