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Boom di medici italiani in Belgio: scoppia la polemica

Professione Redazione DottNet | 08/12/2016 17:35

A non belgi sono state assegnate il 41,1% delle licenze. La fetta più rilevante è andata agli italiani

La sanità in Belgio parla sempre più italiano. Con le relative polemiche soprattutto politiche sulla mobilità del lavoro garantita dalle regole Ue, che hanno ispirato il titolo di apertura della prima pagina dell'edizione online e cartacea del quotidiano 'Le Soir'. Il giornale racconta che la leader del partito popolare (Cdh) ha diffuso i dati di un rapporto riservato del ministero della sanità, chiedendo l'introduzione di test - attitudinali e/o linguistici - per riaprire le porte a neomedici e infermieri belgi, attualmente limitati da rigidi 'numeri chiusi'.

"Numeri Inami: il 41,1% a stranieri" è il titolo de Le Soir, che parte dal dato principale del rapporto della cellula di pianificazione della Spf Santé Publique (il ministero della sanità belga) reso pubblico da Catherine Fonck, capogruppo alla Camera della Cdh: nel 2015, nella comunità francofona il 41,1% dei 'numeri Inami' (le licenze che permettono di esercitare la professione nel paese) sono andati a medici che non hanno studiato o conseguito l'abilitazione in Belgio, con gli italiani al primo posto davanti a francesi, olandesi e spagnoli.

In termini assoluti, delle 649 nuove licenze rilasciate in Vallonia lo scorso anno, 382 sono andate a belgi francofoni, 247 stranieri (in maggioranza italiani) e 20 a persone proveniente da paesi non Ue. A livello nazionale, ovvero sommando la parte fiamminga del paese, la percentuale scende al 28,1%, ma era al 19,7% nel 2011. Un aumento di quasi il 50% in appena cinque anni.

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Passando ai dentisti, gli stranieri diventano maggioranza assoluta nella comunità francofona (56,1% nel 2015) e circa uno su due nell'insieme del paese (44,2%). All'origine del fenomeno, le regole europee sulla libera circolazione dei lavoratori che vietano l'imposizione di limiti. "Le quote sono solo per i belgi. Così finiamo per porre handicap ai nostri giovani mentre gli europei non belgi non hanno limitazioni" ha tuonato Fonck, chiedendo da una parte la revisione dei 'numeri chiusi' universitari, dall'altra test che facciano da filtro all'afflusso. "Non possiamo continuare ad accettare tanti medici e dentisti dall'estero senza essere esigenti sulla qualità delle cure in grado di fornire" ha aggiunto Fonck chiedendo almeno l'introduzione di test linguistici. "Una direttiva europea lo permette, l'abbiamo trasposta ma mai utilizzata in Belgio" ha concluso Fonck.

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