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Rapporto Agenas, strutture a rischio a causa dei pochi interventi

Sanità pubblica Redazione DottNet | 19/12/2017 18:33

Meno cesarei e più cure appropriate, cala il divario Nord-Sud

Per la prima volta il numero di parti cesarei in Italia scende sotto la soglia del 25% e questo è un dato positivo, cui si aggiunge il miglioramento generale dell'assistenza sanitaria e delle cure per patologie come la fratture del femore, l'infarto e l'ictus mentre cala il divario tra Nord e Sud in termini di qualità delle prestazioni.

Ma c'è ancora una grossa criticità: restano troppi gli ospedali che, soprattutto per le patologie oncologiche ed i parti, effettuano un volume di interventi troppo basso per garantire la sicurezza, con la conseguenza di un aumento dei rischi per i pazienti. E' il quadro che emerge dal Piano Nazionale Esiti (PNE) 2017 (clicca qui per scaricare il documento completo) dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), presentato oggi.

I risultati, su dati 2016, analizzando 166 indicatori, confermano il trend di progressivo miglioramento della qualità dell'assistenza. Vari gli esempi.    Migliora la tempestività di intervento sulle fratture del femore sopra i 65 anni di età: se nel 2010 solo il 31% dei pazienti veniva operato entro due giorni, nel 2016 la proporzione di interventi tempestivi è del 58%. Si registra anche una progressiva diminuzione dei parti cesarei primari, dal 29% del 2010 al 24,5% del 2016, anche se ancora insufficiente rispetto allo standard internazionale.

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Ed ancora: la mortalità a 30 giorni dal ricovero per infarto continua a diminuire, dal 10,4% del 2010 all'8,6% del 2016. Il dato è omogeneo fra le diverse Regioni e trova conferma nell'ultimo Rapporto dell'OCSE, dove l'Italia riporta una mortalità tra le più basse fra i paesi a economia avanzata. Discorso analogo per la mortalità a 30 giorni dopo un episodio di ictus ischemico. Diminuiscono anche le ospedalizzazioni: quelle per tonsillectomia passano da un tasso del 2,8% del 2010 al 2,15% nel 2016, con un conseguente impatto di circa 6.400 interventi risparmiati nella popolazione pediatrica solo nell'ultimo anno.    Altro dato positivo è il miglioramento della qualità delle cure al Sud, soprattutto in Sicilia, ma anche in Puglia, Calabria e Sardegna, mentre restano criticità in Molise e Campania.

Il dato negativo riguarda invece, innanzitutto, le ancora troppe strutture, spesso piccole, che effettuano un numero annuo di interventi troppo basso per garantire standard di sicurezza. Per il tumore al polmone, ad esempio, la soglia minima sarebbe di almeno 70 interventi l'anno ma solo il 35% delle strutture supera questa quota, a partire dalla quale i tassi di mortalità diminuiscono. Per il tumore al seno, il rischio di reintervento diminuisce dove si fanno più di 150 interventi l'anno, ma solo una struttura su 4 rispetta tale standard. Per il cancro allo stomaco, invece, lo standard è di 20 interventi l'anno ma solo il 25% delle strutture lo rispetta.  

Per quanto riguarda infine i punti nascita, nel 2016 risultano ancora 97 strutture ospedaliere (21%) con volumi inferiori ai 500 parti annui (su un totale di circa 500), ma in esse si concentra tuttavia meno del 6% dei parti totali. Altra novità: entro uno o due anni, sarà valutato il numero di interventi eseguiti all'anno da ogni singolo medico chirurgo e se il professionista si attesterà sopra la soglia prevista a livello regionale, otterrà un 'accreditamento'. Questi dati "vanno, dunque, letti - conclude il presidente Agenas Luca Coletto - come decisivi segnali di incoraggiamento di un sistema sanitario fortemente impegnato a garantire un elevato standard qualitativo".

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