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Nanoparticelle per veicolare i farmaci al cuore

Farmaci Redazione DottNet | 19/01/2018 14:06

Lo studio italiano imita il meccanismo delle polveri sottili

Imitando l'inquinamento atmosferico, e quindi le minuscole particelle che respirate finiscono nel nostro corpo e fanno danni, scienziati italiani hanno gettato le basi per uno spray inalabile (per bocca) fatto di nanoparticelle caricate di farmaci per curare il cuore 'scompensato', non più capace di pompare il sangue in modo adeguato (come avviene ad esempio dopo un infarto). E' la promessa frutto del lavoro di un gruppo di scienziati italiani guidati da Michele Miragoli del Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università di Parma e da Daniele Catalucci del CNR IRGB, i cui risultati sono pubblicati sulla rivista Science Translational Medicine.  

  Gli scienziati hanno pensato di sfruttare i meccanismi dell'inquinamento atmosferico: in quest'ultimo, spiega all'ANSA Miragoli, le nanoparticelle tossiche una volta inalate possono arrivare al cuore e creare danni. I ricercatori hanno imitato questi meccanismi per creare un sistema di trasporto rapido e preciso di farmaci al cuore: nanoparticelle biocompatibili e non tossiche. Le nanoparticelle inalabili per bocca viaggiano verso i polmoni e di qui subito al cuore dove scaricano i farmaci; al contrario della somministrazione endovena, il farmaco in questa maniera arriva dritto al bersaglio ed è molto più efficace.    "Nel giro di 5-7 anni - sostiene Miragoli - si potrebbe arrivare a sperimentazioni su pazienti".   L'astuzia del metodo ideato dagli italiani è che una volta inalate, le nanoparticelle passano la barriera alveolo-polmonare, entrano nel circolo sanguigno e il primo organo che trovano è il cuore. "In più il vantaggio è che le nanoparticelle sono cariche 'negativamente' - spiega; il cuore è anch'esso caricato elettricamente cosicché praticamente crea una forza di attrazione verso le nanoparticelle e non le lascia più andar via".    Gli esperti le hanno testate con successo su animali dal cuore malato riuscendo praticamente a recuperare quasi tutta la funzione cardiaca. 

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  "Nel lavoro abbiamo utilizzato come farmaci dei 'peptidi cardiospecifici' caricati nelle nanoparticelle per limitare la progressione della cardiomiopatia diabetica - spiega lo scienziato. Abbiamo anche pubblicato un lavoro dove le carichiamo con microRNA e stiamo lavorando a caricare le nanoparticelle con i farmaci convenzionali".    Le potenziali ricadute cliniche sono enormi: innanzitutto le nanoparticelle posso veicolare farmaci che non si possono prendere per bocca, spiega l'esperto; inoltre farmaci cardiospecifici (RNA, peptidi). "Il tutto comodamente con uno spray che il paziente può autosomministrarsi anche a casa - conclude. Quindi vi sono ricadute soprattutto assistenziali e di costi. In effetti sarebbe una rivoluzione, limitando uso di aghi per intravenoso". 

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La ricerca è stata coordinata dall’Università di Padova e pubblicata su Cancer

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