"Abbiamo ricevuto numerose segnalazioni di costi spropositati, dai 10 ai 16 centesimi a sacchetto"
Federconsumatori in un comunicato accoglie "favorevolmente" il pronunciamento del Consiglio di Stato sui sacchetti bio per ortofrutta, che rappresenta a suo avviso "una possibile soluzione per alleggerire i costi che i cittadini sono chiamati a sostenere". "Tale interpretazione - aggiunge l'associazione - potrà contribuire ad arginare i gravi fenomeni speculativi denunciati dai cittadini, soprattutto nelle farmacie: in questi mesi abbiamo ricevuto numerose segnalazioni di costi spropositati (dai 10 ai 16 centesimi a sacchetto) applicati in questi esercizi commerciali per l'utilizzo delle borse compostabili". Federconsumatori conclude ribadendo "la necessità di un impegno a livello istituzionale per aumentare la consapevolezza dell'opinione pubblica in merito all'inquinamento da plastica monouso e in particolare all'impatto che le borse di plastica hanno sull'ambiente: tutto ciò, però, senza che a farne le spese siano i consumatori".
Dopo l'obbligo scattato a gennaio, che aveva sollevato non poche discussioni, sulle shopper biodegradabili e compostabili a pagamento messe a disposizione nei reparti frutta e verdura dei supermercati, il Consiglio di Stato fa dietro front: nessun obbligo, il sacchetto si può portare da casa. A condizione che sia "idoneo a preservare la merce". I sacchetti bio a pagamento avevano suscitato molte critiche e prese di posizione da parte delle associazioni dei consumatori e il Codacons aveva, addirittura, presentato esposti in molte procure. L'obiettivo di ridurre l'impatto della plastica sull'ambiente si scontra con il fatto che a dover pagare i sacchetti è chi fa la spesa, e con un prezzo che oscilla tra 1 e 3 centesimi a busta il costo annuale per famiglia è stato stimato tra i 4 e i 12 euro.
Un esborso che ora, stando al Consiglio di Stato, si potrà evitare. Il parere dei giudici amministrativi sottolinea che bisogna contemperare le esigenze del consumatore con quelle di tutela della sicurezza ed igiene degli alimenti. E stabilisce che "laddove il consumatore non intenda acquistare il sacchetto ultraleggero commercializzato dall'esercizio commerciale per l'acquisto di frutta e verdura sfusa", è corretto che "possa utilizzare sacchetti in plastica autonomamente reperiti solo se comunque idonei a preservare l'integrità della merce e rispondenti alla caratteristiche di legge. In tal caso, richiamando le considerazioni già svolte, non sembra possibile per l'esercizio commerciale vietare tale facoltà".
"Il legislatore - si legge nel parere - ha elevato le borse in plastica ultraleggere utilizzate per la frutta e verdura all'interno degli esercizi commerciali a prodotto che 'deve' essere compravenduto", una merce quindi, che può essere acquistata anche al di fuori del supermarket in cui si fa la spesa. Inoltre "ciascun esercizio commerciale sarà tenuto, secondo le modalità dallo stesso ritenute più appropriate, alla verifica dell'idoneità e della conformità a legge dei sacchetti utilizzati dal consumatore". Per gli ambientalisti "è un primo passo in avanti ma ora serve la circolare del ministero della Salute attesa da quattro mesi che chiarisca e magari dica che si possono utilizzare le retine riutilizzabili".
Secondo il responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Giuseppe Ungherese l'obiettivo deve essere "ridurre la plastica e i rifiuti", quindi è opportuna "maggiore flessibilità senza violare le norme igienico sanitarie". Il presidente di Legambiente Stefano Ciafani dice che il segretario generale del ministero della Salute, che ha indicato l'utilizzo di sacchetti monouso per questioni igienico sanitarie, "non è mai stato in reparti di frutta e verdura di un supermercato, che sono pieni di terra, di batteri che non sono nocivi per la salute". Entrambi ribadiscono che si deve permettere in Italia quello che si fa all'estero: le retine riutilizzabili sono diffuse in Svizzera, Austria, Germania dove non risultano epidemie.
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