L'aggravante c'è nel Ddl ma non basta, torni il posto di polizia in ospedale
La morte di Giovanni Palumbo, medico legale di Sanremo ucciso ieri sera per una perizia medica che escludeva da un risarcimento l'omicida, è la goccia che ha fatto traboccare il vaso. I camici bianchi non ci stanno a fare la parte del facile bersaglio di aggressioni e violenze continue. E non sono neppure pienamente soddisfatti del disegno di legge che introduce disposizioni in materia di sicurezza per gli operatori sanitari nell'esercizio delle loro funzioni, approvato ieri sera in Consiglio dei ministri. Così, da una parte si rivolgono con una nota direttamente al ministro dell'Interno Matteo Salvini affinché "garantisca ai medici di operare in condizioni di piena sicurezza".
E dall'altra chiedono integrazioni al testo presentato dal ministro della salute Giulia Grillo, che per altro ringraziano, e approvato in Cdm. A cominciare dal ripristino dei posti di polizia nei pronto soccorso, al trasferimento delle guardie mediche in strutture protette.
Su questo punto la Fnomceo chiede al ministro Grillo di avviare, in collaborazione, una campagna di comunicazione per promuovere le professioni sanitarie e "di far parte dell'Osservatorio per esercitare il ruolo che la legge riserva agli Ordini per tutelare l'interesse pubblico attraverso la professione medica". Secondo la stima della Fiaso, la Federazione di Asl e Ospedali, sono 3 mila ogni anno le aggressioni a medici e personale sanitario. All'Inail entro il mese di aprile sono stati denunciati 1.200 casi. Ma non tutti denunciano, e proprio per consentire la procedibilità di ufficio per questi reati, da più parti era stato proposto di equiparare la figura del medico a quella di pubblico ufficiale. Il fenomeno delle aggressioni al personale sanitario coinvolge anche gli infermieri. "Con 1200 episodi l'anno, l'Italia si colloca in una situazione di allarme sociale con un'incidenza di tre episodi al giorno e un livello di gravità che va dalle percosse fino ai tentativi di stupro", denuncia il sindacato autonomo degli infermieri Nursing up, secondo il quale "a seguito della diffusione di questi dati, non si sono approntate misure adeguate alla gravità del fenomeno".
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