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Finanziamenti ai medici: ecco importi e aziende

Professione Redazione DottNet | 28/02/2019 12:28

Dall'industria 580 mln l'anno ai camici bianchi e alla ricerca

Consulenze, corsi e convegni, ma anche sviluppo di nuove molecole: sono tra i 550 e i 580 mln di euro i finanziamenti diretti, ogni anno, dalle aziende farmaceutiche a medici, organizzazioni sanitarie e ricerca. E' quanto emerge dal report realizzato dalla Fondazione Gimbe sui Trasferimenti di valore 2017 dell'industria farmaceutica (clicca qui per scaricare il documento completo). In base al codice deontologico dell'EFPIA (European Federation of Pharmaceutical Industries and Association), le aziende associate a Farmindustria pubblicano ogni anno, entro il 30 giugno, i trasferimenti di valore effettuati nell'anno precedente. In particolare, vengono rendicontati gli importi relativi a donazioni, eventi formativi, servizi e consulenze, oltre a quelli destinati alla ricerca e sviluppo. "Purtroppo, nonostante questa fondamentale azione di trasparenza, manca un database unico dei dati", dichiara Nino Cartabellotta, presidente Fondazione Gimbe. Per questo, "al fine di aumentare la consapevolezza pubblica", prosegue, "abbiamo realizzato un report indipendente per fornire un quadro oggettivo".

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Le analisi sono state effettuate sui trasferimenti di valore di 14 aziende farmaceutiche che, insieme, rappresentano poco più del 50% del fatturato totale di settore: nel 2017, queste anno trasferito complessivamente 288 milioni con un valore medio di 20 milioni ciascuna, ma si va da un minimo di 8 a un massimo di 42 milioni. La percentuale media dei trasferimenti sul fatturato è del 3%. Sulla base di questi dati, si stima un trasferimento totale di tutte le aziende associate a Farmindustria pari a 550-580 milioni. Quanto all'utilizzo, circa 46 milioni (16%) sono stati destinati a singoli professionisti, 125 milioni (43%) a organizzazioni sanitarie e 117 milioni (41%) a ricerca e sviluppo. Il report Gimbe ha rilevato, infine, alcuni "problemi strutturali" che "condizionano negativamente il livello di trasparenza dei dati pubblicati dalle singole aziende".

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