Studio italiano: nei pazienti con melanoma la successione di guadecitabina e ipilimumab migliora la risposta del sistema immunitario nel riconoscere e attaccare le cellule tumorali
Togliere il 'velo' che maschera il tumore permettendogli di non essere riconosciuto dal sistema immunitario. E' la nuova sfida nella lotta ai tumori a cui stanno lavorando i ricercatori del Centro di immuno-oncologia (Cio) del Policlinico Santa Maria alle Scotte di Siena. Nello studio Nibit-M4, pubblicato su 'Clinical Cancer Research', il gruppo di ricerca diretto da Michele Maio ha dimostrato che con i farmaci epigenetici l' immunoterapia è più efficace. In particolare, nei pazienti con melanoma la successione di guadecitabina e ipilimumab migliora la risposta del sistema immunitario nel riconoscere e attaccare le cellule tumorali e aumenta l' efficacia clinica del trattamento con il solo ipilimumab.
Lo studio è stato progettato e condotto dalla Fondazione Nibit, anche grazie al sostegno di Fondazione Airc per la ricerca sul cancro.
In questo modo le cellule tumorali esprimono sulla loro superficie molecole che hanno un ruolo fondamentale nell' interazione tra tumore e sistema immunitario. Successivamente il tumore, reso visibile dalla guadecitabina, viene attaccato dal sistema immunitario, la cui azione è stata potenziata grazie all' utilizzo dell' immunoterapico ipilimumab. La guadecitabina dunque crea le condizioni ottimali per fare in modo che i farmaci immunoterapici possano avere maggiore efficacia. "Questo primo studio clinico, ad opera delle dottoresse Anna Maria Di Giacomo e Alessia Covre del Cio, suggerisce che siamo sulla giusta strada", spiega Maio. "Agire sul tumore rendendolo maggiormente visibile al sistema immunitario è la chiave per rendere più efficace l' immunoterapia".
La sperimentazione clinica di fase 1b, iniziata nel 2015, ha coinvolto 19 pazienti con melanoma metastatico e ha raggiunto l' obiettivo di dimostrare la sicurezza e la tollerabilità della sequenza di somministrazione dei due farmaci. Dalle analisi è anche emerso che nel 42% dei pazienti si è verificata una risposta obiettiva al trattamento o un controllo della progressione di malattia. "I risultati dello studio confermano nei pazienti le nostre osservazioni pre-cliniche - conclude Maio - e stiamo già progettando, anche grazie al recente finanziamento 5xmille ottenuto da Fondazione Airc, nuove sperimentazioni cliniche con farmaci epigenetici in pazienti resistenti a un primo trattamento immunoterapico".
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