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Dal 2021 la fattura elettronica per i medici. Sanzioni se non si accetta il bancomat

Professione Redazione DottNet | 15/10/2019 19:25

La multa sarà di 30 euro cui aggiungere il 4% del valore della transazione. Resta quota 100

Slitta al 2021 l'obbligo di fattura elettronica per i medici. Lo prevede una bozza del decreto fiscale che estende all'anno 2020 le norme transitorie per il 2019 per i soggetti che inviano i dati al Sistema Tessera Sanitaria ai fini dell'elaborazione della dichiarazione precompilata.. Mentre saranno in vigore dall’approvazione del nuovo decreto fiscale le multe per commercianti e professionisti che non accettano carte e bancomat. Le sanzioni affiancano l'obbligo, già in vigore, di accettare pagamenti con la moneta elettronica.

La multa sarà di 30 euro cui aggiungere il 4% del valore della transazione per cui non è stato accettato il pagamento con le carte. A controllare le violazioni saranno "ufficiali e agenti di polizia giudiziaria". Nessuna novità, invece, sul fronte della previdenza. Resta invariata, secondo l'annuncio del premier, Giuseppe Conte, la possibilità di andare in pensione con Quota 100 (almeno 62 anni di età e 38 di contributi) mentre arriva una mini rivalutazione per le pensioni tra i 1.500 e i 2.000 euro. Per Quota 100 quindi tramonta l'ipotesi di introdurre finestre di uscita più lunghe delle attuali (ora sono di tre mesi per i lavoratori privati e di sei mesi per i pubblici una volta raggiunti i requisiti anagrafici e contributivi) anche se lo stop al cambiamento è arrivato dopo un braccio di ferro nella maggioranza con Italia Viva che considerava giusta l'abolizione e i Cinquestelle che difendevano la misura.

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E se sulla previdenza non si drenano risorse (a parte i risparmi rispetto alle stime calcolati dall'Inps per l'anno prossimo in due miliardi), si mette molto poco rispetto alle richieste dei sindacati. Rispetto alle richieste di aumento del potere d'acquisto degli assegni anche con un ampliamento della Quattordicesima, il Governo si è detto disponibile a introdurre la rivalutazione piena rispetto all'inflazione, oltre a quella attuale per gli assegni pensionistici fino a 1.522 lordi al mese, anche per quelli da 1.522 fino a 2.029 euro al mese (quattro volte il minimo). Ma i sindacati parlano di una "presa in giro" dato che questi pensionati hanno già una rivalutazione al 97% dell'inflazione. In pratica, sostengono, ci sarebbe un aumento di circa 50 centesimi di euro al mese, pari a poco più di 6 euro all'anno per 2,5 milioni di pensionati.

"Sono cifre irrisorie - ha detto il segretario generale dello Spi-Cgil, Ivan Pedretti - è offensivo. Si rafforzano le ragioni per la manifestazione del 16 novembre". L'indicizzazione per gli assegni più alti dovrebbe rimanere come quella attuale con il 77% dell'inflazione recuperata per i trattamenti pensionistici da 2.029 a 2.537 euro al mese lordi, il 52% per quelli tra i 2.537 e i 3.044 euro, il 45% tra i 3.044 e i 4.059, il 45% per quelli tra 4.059 e i 4.566 euro e il 40% per quelli oltre i 4.569 euro al mese. Poiché l'inflazione è bassa il passaggio dell'indicizzazione tra il 97% e il 100% vale pochi centesimi (se il tasso di inflazione non dovesse cambiare si passerebbe da un recupero dall'1,067 all'1,1%).
 

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