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Il 30% dei pazienti con malattie reumatiche non accede agli innovativi

Farmaci Redazione DottNet | 21/10/2019 14:15

Sono 5,5 milioni gli italiani che soffrono di malattie reumatologiche e che fino a qualche tempo fa potevano contare solo su farmaci prescritti per altre patologie

 Il 30% degli italiani che soffrono di malattie reumatiche - quasi 2 milioni di persone - non accede ai farmaci biologici, terapie in grado di risolvere il dolore e migliorare la capacità di svolgere le più comuni azioni quotidiane. Un dato a cui si aggiungono da un lato i problemi di disomogeneità nell' accesso ai trattamenti, per via dei tagli imposti in alcune regioni, e dall' altro la carenza di medici reumatologi, che costringe ad attese di mesi o anni per una prima diagnosi. L' Anmar, Associazione nazionale malati reumatici, ha fatto il punto sui "diritti negati" ai pazienti durante un dibattito organizzato a Roma in piazza San Silvestro per la Giornata mondiale del malato reumatico. Nell' occasione sono state offerti visite ed esami diagnostici gratuiti a tutti i cittadini.

"Per le malattie reumatiche, come per tante altre patologie, vediamo una grave disomogeneità nell' accesso alle cure - ha affermato il viceministro alla Salute, Pierpaolo Sileri (nella foto) - Diverse capacità manageriali e sperpero di risorse si traducono in disuguaglianze inaccettabili. L' integrazione territorio-ospedale non può essere solo su carta", ha ammonito: "Le Regioni virtuose devono essere un esempio da prendere a modello per diffondere best practice. Invece abbiamo aree del Paese in cui trovare un medico reumatologo è quasi impossibile: come fa il paziente ad avere diagnosi e cure?". Artrosi, artrite reumatoide e psoriasica, spondilite anchilosante, lupus, sclerodermia: sono 5,5 milioni - calcola l' Anmar - gli italiani che soffrono di malattie reumatologiche e che fino a qualche tempo fa potevano contare solo su farmaci 'presi in prestito' da altre patologie.

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Poi si è aperta la frontiera dei medicinali biologici che "hanno rivoluzionato la nostra vita, consentendoci in molti casi di tornare a svolgere normalmente le azioni quotidiane - ha sottolineato Silvia Tonolo, presidente dell' associazione pazienti - Purtroppo questo non vale per tutti i malati che rappresentiamo", perché "alcuni sono condannati da un doppio destino: avere una patologia invalidante ed essere nati e risiedere in Regioni che, per motivi di bilancio, non consentono un accesso al farmaco biologico, imponendo una sostituzione automatica con i biosimilari senza considerare che le malattie reumatiche hanno comorbidità, come complicanze renali a cardiovascolari, con cui bisogna fare i conti".  Accanto ai biologici - ricorda infatti l' Anmar - a seguito delle scadenze brevettuali sono arrivati sul commercio anche i biosimilari, più economici e simili, ma non uguali al biologico di riferimento.

"E' un dato di fatto - ha spiegato Manuela Di Franco, reumatologa del Policlinico Umberto I di Roma e delegato della Società italiana di reumatologia (Sir) per il Lazio - che i biosimilari, rispetto a biologico, non sono come il generico rispetto all' originator: sono farmaci fatti da estrazioni da materiale biologico, e si può quindi verificare un problema di immunogenicità che non si verifica in farmaci che non hanno origine biologica". Per queste terapie, dunque, lo switch dovrebbe essere valutato e deciso da un medico o meglio ancora da un team di esperti. Una proposta dell' Agenzia italiana del farmaco (Aifa) prevederebbe invece la sostituibilità automatica tra farmaco biologico di riferimento e un suo biosimilare. "Se confermata, sarebbe una posizione che stupisce - ha commentato Tonolo - perché una proposta simile dovrebbe essere assunta dopo un confronto con le associazioni dei pazienti, con le società scientifiche, con i medici. La politica di risparmio a tutti i costi sta portando le Regioni nella direzione dell' imposizione della scelta più economica".

"Alcune - ha osservato - stanno già negando i biologici ai pazienti quando invece è il medico che deve governare questa scelta, da assumere sempre tenendo conto che l' interesse primo da difendere è quello della salute del paziente e non principi meramente economici. Vediamo Regioni, come la Puglia o la Sardegna, che negano a donne con malattie reumatiche farmaci necessari per poter avere una gravidanza nonostante le cure. Altre Regioni, come il Lazio, hanno invece adottato una linea che consiste nel prescrivere i biosimilari ai nuovi malati e nel valutare caso per caso quando sia possibile passare dal biologico al biosimilare".  "Il biosimilare serve perché la spesa va ridotta anche per consentire a più pazienti di curarsi, ma va usato con giudizio e dialogo - ha precisato Sileri - Per i nuovi pazienti il biosimilare è la prima scelta. Per i pazienti già in cura, invece, il biologico va valutato caso per caso dal medico e non imposto sulla base di automatismi. E sarebbe importante vi fossero, rispetto al suo utilizzo, anche database, registri, condivisione e controllo nel tempo".

Un paziente produttivo che torna nella vita sociale e lavorativa "è un guadagno per tutta la società - ha aggiunto il viceministro - pertanto la cura della persona non va valutata a compartimenti stagni. Bisogna superare la logica dei silos e superare i commissariamenti, perché tagliare i bilanci regionali destinati alla salute non migliora le cure". Tra i 'nodi' denunciati dai pazienti c' è anche la difficoltà di arrivare a una diagnosi, il che si traduce in un ritardo delle terapie che spesso arrivano dopo che la malattia ha già fatto danni irreparabili. Pesa poi la cronica mancanza di specialisti reumatologi sul territorio. Come pure contano anni e anni di mancata informazione su questi problemi - riflette l' Anmar - visti nella mentalità comune come 'reumatismi' collegati all' età, quando invece sono patologie sistemiche, che interessano tutto l' organismo, e non riguardano solo gli anziani, ma anche giovani e persone nel pieno della vita lavorativa.

"Fondamentale diventa quindi anche il ruolo del medico di famiglia, nel saper individuare i sintomi e indirizzare il paziente nel modo giusto - ha puntualizzato Domenico Crisarà, segretario regionale della Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg) per il Veneto - Ma per fare questo è importante migliorare l' alleanza tra territorio e specialistica". La discussione, è stata infine l' occasione per parlare di alcune best practice come quella dell' Asl di Rieti: "Abbiamo istituito un laboratorio di medicina narrativa che ci sta aiutando tantissimo a migliorare il rapporto con il malato e la consapevolezza dell' importanza dell' aderenza terapeutica - ha riferito Marinella d' Innocenzo, direttore generale dell' azienda sanitaria - Inoltre, stiamo andando verso un' assistenza integrata che possa prendere in carico il paziente a 360 gradi. Abbiamo fatto in modo che siano i medici che vanno verso i pazienti e non viceversa".

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