Lo rivela uno studio su The New England Journal of Medicine, coordinato da Federico Formenti del King's College di Londra insieme a Fulvio Della Ragione dell'Università di Napoli Luigi Vanvitelli
Studiando il Dna di un piccolo paziente, scienziati italiani hanno svelato un gene (VHL) dal ruolo potenzialmente chiave nel successo nello sport: se 'difettoso' (con una 'mutazione'), è deleterio per la perfomance sportiva. È il risultato di uno studio su The New England Journal of Medicine, coordinato da Federico Formenti del King's College di Londra insieme a Fulvio Della Ragione dell'Università di Napoli Luigi Vanvitelli. Studiando questa proteina si potranno scoprire le basi biologiche della resistenza allo sforzo e alla fatica, anche negli allenamenti ad alta quota. Lo studio parte dal caso di un paziente pediatrico con scarsa resistenza allo sforzo, difetti alle 'centraline elettriche' della cellule (mitocondri), eccesso di globuli rossi nel sangue, spiega Formenti all'ANSA: "Nel suo Dna abbiamo scoperto una mutazione a carico del gene VHL che riduce la quantità di proteina omonima nel paziente, portando a una cascata di conseguenze per il metabolismo energetico".
fonte: The New England Journal of Medicine, ansa
La malattia è causata dall'avvelenamento progressivo della frazione di cellule ancora sane del midollo osseo, causato da un ambiente infiammatorio determinato dalle cellule malate
Sapere di essere portatori di una mutazione genetica consente di intraprendere un percorso personalizzato per proteggere la propria salute e quella della propria famiglia
Il risultato, pubblicato sulla rivista Annals of Neurology, si deve allo studio internazionale guidato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e dall’Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano
Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista Plos One, frutto della collaborazione tra l'Università di Bologna, la Sapienza e l'Università di Modena e Reggio Emilia
Diminuiscono le probabilità di avere almeno due patologie assieme
"Nel mondo reale rallenta la malattia nel 50% dei pazienti"
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