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In futuro i farmaci si potranno assumere con i micropori

Farmaci Redazione DottNet | 06/08/2020 16:41

Sviluppato un metodo che permette di evitare punture e aghi

In futuro ci sarà un nuovo modo per assumere i medicinali: la via 'microporosa'. La tecnica è stata sviluppata dai ricercatori della Nanyang Technological University di Singapore che hanno dimostrato, sui topi, il successo di questo nuovo sistema.  In un articolo pubblicato sulla rivista Science Advances gli studiosi hanno dimostrato che uno strumento composto da due magneti in grado di pizzicare e applicare una pressione su una piega della pelle porta a cambiamenti a breve termine della barriera cutanea e causa la formazione di 'micropori' da 3 micrometri sotto la sua superficie.  Questi piccoli forellini temporanei hanno permesso ai farmaci applicati sulla superficie della pelle di diffondersi più facilmente. Una quantità sei volte maggiore di farmaco si è diffusa attraverso la cute rispetto alle altre cavie che non avevano ricevuto il trattamento basato sullo strumento con i magneti.

Secondo i ricercatori, mentre aghi e iniezioni di microaghi danneggiano la pelle, i micropori potrebbero aprire la strada verso una consegna transdermica indolore di farmaci come l'insulina.  I risultati sperimentali hanno mostrato che le nanoparticelle e l'insulina venivano effettivamente rilasciate attraverso la pelle dei topi, a masse molecolari fino a 20.000 dalton (unità che misura la massa atomica). Questa massa è 40 volte più grande di quella attualmente riportata nella letteratura scientifica per la consegna di farmaci transdermici (cioè tramite cerotti), che è di 500 dalton.  La quantità di farmaco erogata mediante il metodo della pressione temporale, spiegano gli studiosi, è risultata paragonabile alla quantità erogata da un cerotto a microaghi: dozzine di aghi più piccoli della larghezza di un capello umano costituiti da composti biocompatibili, comunemente usati per fornire piccole quantità di farmaci attraverso la pelle in un determinato arco di tempo. 

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fonte: Science Advances

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La ricerca è stata coordinata dall’Università di Padova e pubblicata su Cancer

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