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La mutazione di una proteina predice l'insorgenza di steatosi epatica

Medicina Interna Redazione DottNet | 11/03/2021 13:30

La proteina mutata si chiama klotho-beta (KLB) e normalmente svolge un ruolo importante nella digestione e nell’assorbimento di grassi e vitamine

Importanrte scoperta arriva da una ricerca coordinata dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e condotta insieme alla Fondazione Irccs Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano: la mutazione di una proteina predice l’insorgenza della fibrosi epatica nei bambini e negli adulti obesi e con fegato grasso. La proteina mutata si chiama klotho-beta (KLB) e normalmente svolge un ruolo importante nella digestione e nell’assorbimento di grassi e vitamine. La sua mutazione in pazienti obesi con fegato grasso è associata 7 volte su 10 a infiammazione e fibrosi epatica.
 
Obesità e fegato grasso. L’obesità è uno dei principali problemi mondiali sia nei bambini che negli adolescenti. L’aumento del numero dei bambini con sovrappeso e obesità nei Paesi industrializzati ha portato al parallelo aumento di casi di fegato grasso o steatosi epatica non alcolica (NAFLD). Negli ultimi vent’anni infatti la steatosi ha raggiunto proporzioni epidemiche anche tra i più piccoli diventando la patologia cronica del fegato di più frequente riscontro nel mondo occidentale.

Il fegato grasso colpisce infatti tra il 5 e il 15% della popolazione pediatrica generale, ma arriva al 30-40% tra i bambini e i ragazzi obesi. È determinata dall’accumulo di grasso all’interno delle cellule del fegato e può evolvere nel tempo, se non trattata adeguatamente, verso l’infiammazione cronica del fegato (steatoepatite non alcolica, NASH), fino alla fibrosi epatica o al carcinoma del fegato anche in età giovanile.
 
Lo studio. I ricercatori dell’Ospedale hanno dimostrato come sia i bambini che gli adulti obesi e con fegato grasso che presentano la mutazione descritta nella proteina klotho-beta (KLB) siano maggiormente soggetti a sviluppare la fibrosi epatica. KLB svolge un ruolo fondamentale all’interno del sistema (FGF19) che controlla la produzione degli acidi biliari che servono a facilitare la digestione e l’assorbimento dei grassi e delle vitamine. La mutazione di KLB in pazienti obesi con fegato grasso causa la riduzione dei livelli epatici e circolanti della proteina ed è associata 7 volte su 10 ad infiammazione e fibrosi epatica. Si tratta di un’incidenza quasi doppia rispetto alla popolazione che non presenta la mutazione.

Lo studio ha coinvolto 249 bambini seguiti dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e 1.111 adulti seguiti dalla Fondazione Irccs Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico. La mutazione del gene KLB come marcatore predittivo dell’evoluzione del fegato grasso in fibrosi epatica nei bambini era stata individuata dai ricercatori dell’Ospedale in un precedente studio pubblicato sulla rivista Journal of Hepatology. Lo studio aveva evidenziato il ruolo di KLB negli squilibri della cellula epatica che si osservano nei bambini con fegato grasso. I risultati ottenuti suggerivano inoltre come il ripristino del normale funzionamento di KLB potesse rappresentare un nuovo bersaglio terapeutico. Con questo nuovo lavoro si è confermata la validità del nuovo biomarcatore predittivo anche negli adulti.

Per gestire al meglio i pazienti con fegato grasso sono importanti una diagnosi il più precoce possibile e il costante monitoraggio della progressione della malattia verso le sue forme più severe. L’individuazione di marcatori biologici legati al fegato grasso offre un contributo sia sul fronte della diagnosi che del follow-up. Le tecniche attraverso cui molti di essi vengono analizzati sono poco costose e mini-invasive. L’Ospedale Bambino Gesù sta lavorando affinché questo nuovo marcatore venga inserito nei kit diagnostici attualmente in commercio.

L’analisi del nuovo marcatore potrebbe risultare importante anche per la scelta delle migliori strategie terapeutiche. Esistono infatti diverse terapie molecolari per il fegato grasso attualmente in fase di studio la cui efficacia potrebbe essere condizionata dalla presenza di questa mutazione.

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fonte: The Lancet


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