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Due farmaci potrebbero aiutare a combattere il Covid-19

Farmaci Redazione DottNet | 19/04/2021 15:31

Se questo trattamento verrà approvato recherà vantaggi importanti potendo essere applicato a domicilio sia dai medici di medicina generale sia dalle Usca

E' in fase avanzata a Prato un progetto dell'Asl Toscana Centro per sperimentare due tipi di farmaci - che erano già in uso per altre patologie - nel trattamento a domicilio di pazienti Covid con sintomi lievi. Nel gruppo di ricerca operano professionisti della sanità territoriale e dell'ospedale Santo Stefano.  In particolare, spiega la Asl, per le forme lievi di Covid e per evitare l'ospedalizzazione non emergono ancora terapie efficaci nel prevenire l'aggravamento. Però questa ricerca sta proprio progettando due farmaci - di cui al momento non viene reso noto il nome dalle autorità sanitarie - in uso da moltissimi anni che potrebbero, combinati insieme, aiutare questo fronte della cura anti Covid-19. Il progetto terapeutico però solo dopo la validazione da parte del Comitato Etico potrà avere la sua sperimentazione clinica. Se questo trattamento verrà approvato, si evidenzia dalla Asl, recherà vantaggi importanti potendo essere applicato a domicilio sia dai medici di medicina generale sia dalle Usca.

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"Siamo consapevoli che continueremo ad avere nuovi pazienti positivi sul territorio - spiega il dottor Giancarlo Landini, direttore del Dipartimento delle Specialistiche Mediche della stessa Asl -, quindi disporre di una terapia antinfiammatoria conosciuta e sicura, che blocchi la malattia verso stadi più avanzati, sarebbe l'ideale. La nostra Asl ha la capacità e i numeri per mettere in campo una simile iniziativa. Inoltre si rafforza la collaborazione ospedale-territorio che è la sfida del prossimo futuro per superare l'emergenza sanitaria". Per il dottor Fabrizio Cantini, direttore di Reumatologia dell'ospedale di Prato, "lo scopo è di cercare di impedire che la malattia evolva verso la forma più severa. Se la sperimentazione darà i frutti sperati, quali la riduzione di almeno del 10% dei casi con progressione verso la forma severa di malattia e di conseguenza la riduzione del numero dei ricoveri, ne deriveranno ovvi vantaggi per pazienti e strutture sanitarie". 

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La ricerca è stata coordinata dall’Università di Padova e pubblicata su Cancer

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