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I servizi migliorano la tenuta della farmacia

Farmacia Redazione DottNet | 03/05/2021 16:20

Mirone: occorre un cambio culturale che collochi al centro dell'atto professionale del farmacista non più solo la dispensazione del farmaco

La crisi economica legata alle difficoltà della pandemia, che vede anche nel comparto un calo di marginalità e redditività, è un tratto comune un po' a tutti i Paesi europei. Ma alcune esperienze provenienti dalle farmacie francesi mostrano quanto i servizi alla popolazione possano essere una chiave di volta, costituendo ormai una parte preponderante del fatturato. Un fenomeno, questo, che impone una riflessione anche in relazione al nostro Paese, evidenziando sempre più la necessità di un cambio culturale che collochi al centro dell'atto professionale del farmacista non più solo la dispensazione del farmaco, ma anche i servizi al cittadino.

A fare la riflessione Antonello Mirone, presidente di Federfarma Servizi, che sottolinea come «tale evoluzione sarebbe auspicabile tanto nelle farmacie di comunità, quanto nella distribuzione intermedia». «Attraverso il confronto avviato a più livelli con le cooperative europee», ha spiegato, «abbiamo avuto modo di analizzare i dati che arrivano dalla Francia e che mostrano, in maniera incontrovertibile, quanto il fatturato che deriva dai servizi costituisca ormai la parte preponderante degli utili della farmacia, rappresentando circa il 60%. Stiamo parlando di tutto l'ambito dei servizi cognitivi, già parte del modello remunerativo della farmacia francese - con aderenza alla terapia, presa in carico, assistenza alla cronicità - ma anche dei nuovi servizi alla popolazione che si sono resi necessari alla luce della crisi sanitaria legata al Covid-19. In particolare, va segnalato che proprio in questo ambito sono state stanziate risorse aggiuntive, in grado di remunerare test, tamponi, vaccini - antinfluenzali e contro il Covid-19 - che hanno visto le farmacie in prima linea».

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Si tratta di «un elemento di grande interesse e da cui, a mio parere, sarebbe opportuno far partire una riflessione anche per il nostro Paese. Tali risultati, infatti, mostrano come anche per le farmacie italiane sia ormai irrimandabile la necessità di orientarsi in questa direzione. Certamente, si tratta di un percorso in parte già avviato, ma per il quale ci rendiamo conto che è indispensabile un cambio culturale più decisivo. Quella che deve formarsi è una diversa visione dell'atto professionale del farmacista, nel quale la dispensazione del farmaco non costituisca più l'elemento esclusivo, ma veda un ruolo di primo piano per lo sviluppo dei servizi».

C'è poi un ulteriore elemento di riflessione: «Dall'esperienza francese emerge anche un importante ruolo di supporto da parte delle società di farmacisti, che spesso accompagnano le farmacie nello sviluppo dei servizi. Faccio l'esempio della società di farmacisti associata a Secof, CERP Rouen SAS, che ha rifornito le farmacie socie di quanto necessario per effettuare le vaccinazioni in sicurezza, con kit di adrenalina, farmaci e dispositivi di primo soccorso, e così via. Credo che un passaggio culturale di tale entità non possa che essere accompagnato anche da una parallela evoluzione delle società e cooperative di farmacisti, che devono diventare sempre più partner di riferimento a tutto tondo». Un ruolo e un supporto che «stiamo studiando anche al nostro interno per sostenere le farmacie nell'importante sfida della vaccinazione da parte dei farmacisti».

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