Dopo dieci anni di battaglie giudiziarie un medico riesce ad ottenere il riconoscimento dello stipendio per gli anni di specializzazione. Ma lo Stato non ha ancora pagato
Il risarcimento per gli ex specializzandi è una delle controversie professionali più seguite e discusse degli ultimi anni. E, quando dopo anni di cause, si riesce ad avere ragione può capitare di non essere risarciti. E' successo a un medico di Formia che ha vinto la vertenza con tanto di riconoscimento all'indennizzo per gli anni di specializzazione dalla Cassazione dopo il rigetto da parte della Corte d'Appello a cui si era rivolto il cardiologo. Sembrava, dunque, tutto finito ma manca un aultimo tassello: lo Stato ancora non ha proceduto a liquidare la somma che gli spetta dopo il verdetto della Suprema Corte.
L'intera questione verte sulla Sentenza della Corte di Giustizia Europea del 2018 (ed a seguito dell'allegato alla direttiva 75/363/CEE del Consiglio, così come modificata dalla Direttiva 82/76/CEE del Consiglio Europeo) e dell Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza 20348 del 2018 che hanno affermato, in relazione alla riconoscibilità dell'indennizzo a dottori che hanno iniziato la frequenza di corsi di Specializzazione a partire dall'anno accademico 82' e 83' e, quindi, in generale per quei medici che avevano già iniziato il loro corso di specializzazione quando la direttiva 82/76 non era ancora entrata in vigore, che: «Qualsiasi formazione come medico specialista iniziata nel corso dell'anno 1982 E proseguita fino all'anno 1990 deve essere oggetto di remunerazione adeguata».
Inizialmente il dottor Francesco C. di Formia, veniva contattato da un noto studio legale specializzato, affinché partecipasse alla presentazione del ricorso per tale riconoscimento, poiché rientrante nella categoria di cui alla normativa comunitaria. Il dottore, quindi assieme ad altri 40 medici, partecipava alla causa, ma il tribunale di Roma respingeva tale riconoscimento, per cui veniva presentato, sempre dallo studio legale di Roma, ricorso in appello, ma anche la Corte d'Appello di Roma rigettava tale riconoscimento. A quel punto il dottor C. si riferiva all'avvocato Francesco Ferraro di Formia, come si legge su latinaoggi, il quale assieme all'avvocato Riccardo Di Vizio di Cassino, presentavano ricorso in Cassazione, ove trovavano il favore del collegio giudicante. La causa veniva rimessa dinanzi alla corte d'appello di Roma, i cui giudici - secondo gli Ermellini - non avevano tenuto conto di alcuni elementi probatori.E così nel 2018 la Corte d'Appello di Roma, riformando la precedente sentenza, riconosceva il diritto all'indennizzo da parte del dottor Francesco C. Tuttavia, anche se a Luglio 2020 la sentenza della Corte d'Appello di Roma condannava la presidenza del Consiglio dei Ministri a remunerare il dottor Francesco C., questi era costretto a riferirsi nuovamente all'avvocato Ferraro per procedere al recupero forzoso delle somme. La soluzione finale resta l'invio dell'ufficiale giudiziario dell'ufficio pignoramenti del distretto di Roma presso la presidenza del Consiglio dei Ministri per pignorare beni per circa 40mila euro.
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