Dall'università agli ospedali, ecco le nostre proposte
La carenza di personale medico nelle corsie ospedaliere e nei servizi territoriali, presente da anni ed emersa con forza durante la sindemia COVID-19, rischia di dare un colpo mortale alla sostenibilità del SSN. Il fenomeno nasce dalla progressione della gobba demografica, che vede nei nostri ospedali la popolazione medica più vecchia del mondo, dall’ulteriore brusca accelerazione dovuta alla "Quota 100" prevista nella Legge di Bilancio 2019, che modifica la cosiddetta "Riforma Fornero" e infine dalla fuga costante dei medici dal SSN, rilevata dal recente studio dell’Associazione.Intanto il Governo ha aumentato il numero dei contratti di formazione specialistica finanziati dallo Stato per il prossimo quadriennio e ha aumentato a 12.
Da non sottovalutare peraltro il fulcro della problematica legata alla carenza di personale. Oggi nel nostro sistema sanitario pubblico esiste un’esigenza immediata di medici, aumentata da una crisi vocazionale imperante e destruente. I medici specialisti servono subito, e occorre inoltre assicurare agli stessi una formazione adeguata e di qualità.
Soprattutto alla luce dell’incremento di borse previsto per il futuro la capacità formativa delle Università non riuscirebbe a garantire una formazione di qualità e sufficiente. Occorre una riforma strutturale del sistema formativo italiano, una riforma le cui basi sono state poste dal ddl Calabria, con risultati positivi.
Mentre in Europa gli specializzandi sono integrati e spesso dipendenti dei servizi sanitari nazionali, in Italia sono un ibrido tra studenti e lavoratori, una figura assai difficile da inquadrare nell’ottica di diritti e doveri. L’Italia è l’unico Paese europeo nel quale l’Università ha il monopolio della formazione medico-specialistica la cui qualità, a detta degli stessi specializzandi, è spesso insufficiente e, quando confrontata con quella delle strutture del SSN, nettamente inferiore (Fonte: Survey Anaao Giovani 2017). La sfida della formazione post laurea del personale medico, elemento strutturale per garantire la sostenibilità della sanità pubblica, richiede una riforma, organica e nazionale che la renda meno vincolata a dinamiche universitarie e più legata al fabbisogno e alla programmazione del SSN.
Una riforma strutturale deve prevedere il passaggio della gestione della formazione specialistica pratica dal MIUR al Ministero della Salute, con rilascio del titolo da parte dell’Università. La quale continuerebbe a offrire la formazione teorica agli specializzandi, partecipando al controllo della qualità del percorso. L’attività professionalizzante si svolgerebbe, invece, in ospedali di apprendimento con volumi minimi soglia per ogni specialità, stabiliti dalle Regioni, compresi quelli universitari, attualmente detentori esclusivi della formazione medica specialistica e unici destinatari del lavoro prodotto. Occorre, in sostanza, individuare reti formative in cui l’Università svolga un ruolo di coordinamento delle attività didattiche e di ricerca, in collaborazione con strutture ospedaliere, learning hospitals, capaci di trasmettere competenze professionali insegnando il ‘saper fare’ e il ‘saper essere’ del medico di domani. Anticipando l’incontro dell’attività formativa con l’attività assistenziale attraverso un vero contratto di lavoro dipendente, a tempo determinato e a scopi formativi, dal primo anno o dopo il tronco comune, che sancisca il passaggio dei giovani medici dallo status di studenti a quello di lavoratori, garantendo loro tutele assistenziali e previdenziali attraverso un pieno e precoce inserimento professionale nel SSN. Il percorso di specializzazione verrebbe diversamente articolato con acquisizione progressiva, e certificata di autonomia professionale fino al conseguimento del titolo di specialista.
Se il medico in formazione al primo anno di specialità è ancora privo di autonomia, dal secondo potrà effettuare attività di base e attività specialistiche sempre tutorate, fino ad arrivare nella fase finale a compiere atti e procedure cliniche in prima persona, con un tutor sempre disponibile in caso di bisogno. L’iter formativo prevede la possibilità di formazione all’estero, con una borsa di studio ad hoc della durata massima di 12 mesi, prolungabile, a scelta del medico, fino a 18 mesi, ma in regime di aspettativa senza assegno. Inoltre, nel primo biennio dovrà essere prevista in maniera obbligatoria una formazione sulle urgenze emergenze attraverso tirocini nei Pronto Soccorso e corsi di bls-d, ALS e PTC. In questo nuovo sistema formativo il tutor rappresenta una figura chiave. Troppo spesso, nell’attuale modello, il tutor è solo sulla carta, senza alcun potere decisionale sulla formazione del giovane medico, ostaggio del volere del Direttore di Scuola di Specializzazione. In questo caso il tutor sarebbe uno specialista con almeno 5 anni di specializzazione ed esperienza, titolare insieme con la équipe di una specifica funzione formativa che va retribuita con una voce stipendiale specifica. La sua attività sarebbe giudicata dagli specializzandi stessi e dal Direttore di Struttura ogni 3 anni, con possibilità di revoca dell’incarico.
Da un punto di vista giuridico e contrattuale il medico in formazione specialistica entra come tale nell’area della dirigenza medica, al fine di poter usufruire delle tutele previdenziali e assistenziali proprie di ogni lavoratore. Occorre in definitiva mutare il paradigma formativo che oggi è polarizzato verso un insegnamento teorico, shiftando decisamente verso quell’insegnamento pratico che in medicina appare di importanza imprescindibile al fine di formare professionisti di qualità.
Pierino Di Silverio, Responsabile Nazionale Anaao Giovani
"All’indomani dello sciopero nazionale del 20 novembre la protesta non si ferma e arriva fin dentro le mura di ospedali e Asl per rivendicare con forza un diritto inalienabile del lavoratore"
"Non comprendiamo affatto la ratio di questa scelta, dal momento che il costo per lo Stato della defiscalizzazione sarebbe minore rispetto all’aumento in busta paga"
Di Silverio: "Il vero limite di tutto l'impianto è la trattazione della colpa grave, il tema su cui ci aspettavamo cambiasse qualcosa, e che invece resta inalterato per impossibilità, ci dicono, di modificare l'impianto ordinamentale"
Testa: “Questo emendamento non è arrivato per caso, ma è il risultato di un lungo e costante impegno dello SNAMI per far comprendere alle istituzioni l’importanza di alleggerire il peso fiscale sui medici convenzionati"
Cgil, Cisl e Uil: "Sono 200mila, è un comparto strategico"
"I medici, i dirigenti sanitari, gli infermieri le professioni sanitarie ex legge 43/2006, vogliono risposte, vogliono tornare ad essere il fulcro delle cure, vogliono continuare a curare, ma in sicurezza”
Testa: “Serve uno straordinario investimento nel territorio prima che della medicina di famiglia rimangano solo le ceneri.”
Leonida Iannantuoni Presidente di ASSIMEFAC; al paziente va dedicato più tempo
Tra i premiati presenti i rappresentanti della sanità nazionale e internazionale, professionisti del settore, giornalisti, operatori sanitari, direttori generali e associazioni di categorie
Dal1° gennaio 2025, ai sensi dell’articolo 33 del decreto, partirà una sperimentazione che durerà un anno, in 9 province italiane. Dal 2026 interesserà tutto il Paese
ll paziente, affetto da insufficienza renale cronica in trattamento dialitico da 10 anni, è rientrato a casa dopo 5 giorni di degenza con ottima funzione renale e in eccellenti condizioni generali
Indagine pubblicata su ERJ Open Research
Commenti