Lo rivelano due team di ricerca guidati da scienziati scozzesi e inglesi
Individuati i responsabili dei casi di epatite che hanno colpito numerosi bambini negli ultimi mesi: si tratta di un adenovirus, del quale si è abbondantemente parlato sin dall'inizio di questa misteriosa epidemia; e un virus adeno-associato 2 (AAV2), che è stato identificato nel 96 percento dei campioni biologici dei piccoli colpiti. Lo rivelano due ricerche britanniche indipendenti e parallele, un dato che, sebbene non sia ancora stato sottoposto a revisione paritaria, rende il risultato ancor più attendibile e significativo. Gli esperti ritengono che la combinazione aggressiva dei due patogeni (una co-infezione) sia stata favorita dalla pandemia di COVID-19, anche se le dinamiche sono ancora da comprendere appieno. Ciò che è certo è che le epatiti misteriose non sono state scatenate né dal coronavirus SARS-CoV-2 né dal vaccino anti Covid.
A determinare che i casi di epatite inspiegabile e ittero nei bambini sono stati provocati da una co-infezione di un adenovirus e di un virus adeno-associato 2 (AAV2) sono stati due team di ricerca guidati da scienziati scozzesi e inglesi. Il primo dei due studi è stato coordinato dal Center for Virus Research (CVR) dell'Università di Glasgow e dal Royal Hospital for Children di Glasgow, in stretta collaborazione con la Public Health Scotland e l'International Severe Acute Respiratory and emergente Infections Consortium (ISARIC); il secondo studio è stato invece guidato da ricercatori del Great Ormond Street Hospital e dell'UCL Great Ormond Street Institute of Child Health (UCL GOS ICH), in collaborazione con l'Agenzia per la sicurezza sanitaria del Regno Unito. Entrambi, come indicato, sono giunti alla medesima conclusione.
Fino ad oggi questa epidemia di epatiti acute è stata un vero e proprio mistero. Secondo i dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), da aprile 2022 si sono verificati oltre mille casi nei bambini di 35 Paesi. In 46 hanno richiesto un trapianto di fegato e in 22 purtroppo sono deceduti. Sin dapprincipio si era pensato che il responsabile potesse essere un adenovirus, dato che in casi molto rari può provocare epatiti nei bambini, tuttavia le nuove epatiti sono state diagnosticate anche in piccoli precedentemente sani, mentre il patogeno era solito colpire pazienti immunodepressi. Analizzando i campioni di numerosi bambini con la misteriosa epatite acuta, entrambi i team di ricerca hanno trovato la presenza del virus adeno-associato 2 (AAV2) nella quasi totalità di essi (96 percento), che risultava invece assente nei piccoli del gruppo di controllo (bambini sani). Lo studio londinese ha rilevato che l'AAV2 era identificabile solo molto raramente nei bambini non affetti da epatite (appena 6 su 106). L'AAV2 non è noto come virus patogenico, ma è un cosiddetto “aiutante”, che in caso di infezione combinata può peggiorare l'aggressività del patogeno sinergico, in questo caso l'adenovirus.
"La presenza del virus AAV2 è associata a un'epatite inspiegabile nei bambini”, ha dichiarato in un comunicato stampa la professoressa Emma Thomson, esperta di malattie infettive dell'Università di Glasgow e coautrice dello studio. “Questo virus può replicarsi solo in presenza di un altro virus (di solito un adenovirus). AAV2 può causare la malattia stessa o può essere un utile biomarcatore di una recente infezione da adenovirus che può essere il principale patogeno sottostante, ma che può essere più difficile da rilevare”, ha aggiunto l'esperta. Ci sono dunque ancora molte domande senza risposta. Ma gli scienziati ritengono molto probabile che sia l'infezione combinata di questi due virus a determinare l'epatite acuta. Gli scienziati scozzesi hanno anche condotto analisi genetiche, determinando che i piccoli con determinate variazioni nel gene dell'antigene leucocitario umano erano più suscettibili al rischio (non erano presenti nei bambini sani del gruppo di controllo).
Secondo gli esperti i lockdown introdotti a causa della pandemia di COVID-19 potrebbero aver indebolito il sistema immunitario dei piccoli, rendendoli più fragili innanzi alle invasioni virali al momento delle riaperture, inoltre, proprio a causa delle modifiche significative alle nostre routine quotidiane, potrebbe essersi modificata la circolazione dei patogeni e di conseguenza la loro aggressività. Sono necessari ulteriori studi per comprendere a fondo le dinamiche di questa co-infezione così aggressiva. I dettagli della ricerca scozzese “Adeno-associated virus 2 infection in children with non-A-E hepatitis” sono state caricate nel database online MedrXiv in attesa della revisione fra pari e la pubblicazione su una rivista scientifica.
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