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Facoltà di Medicina, come cambia dal prossimo anno la prova di ammissione

Professione Redazione DottNet | 21/08/2022 20:54

Continuano le polemiche per il numero chiuso: i pro e i contro

Al via martedì 6 e mercoledì 28 settembre i test per accedere alle facoltà di Medicina negli atenei italiani che per l'ultima volta saranno con il test “secco” come si è svolto fino ad oggi. Con una novità: le prove di ammissione vedranno più attenzione alle materie disciplinari e meno alla logica e alla cultura generale. Durante il prossimo anno accademico, 2022-2023, gli studenti potranno iniziare dalla IV superiore a fare i cosiddetti Tolc e presentarsi per l'accesso all'anno successivo con più test fatti; entrerà chi conseguirà il punteggio migliore. Al momento, però, essendo sempre forte la carenza di medici e infermieri, torna la polemica sul numero chiuso.

"Il numero chiuso a Medicina ha avuto una sua ragione per ridurre in passato la pletora di iscritti che poi non riuscivano a trovare una collazione.

Oggi però siamo in difficoltà con il numero di medici e quindi è chiaro che debba essere fatto un ragionamento tenendo conto che le università devono garantire a chi è iscritto un livello di formazione adeguato. Però dire allora da domani tutti si possono iscrivere a Medicina è populista", dice all'Adnkronos Salute il virologo Fabrizio Pregliasco, docente all'università Statale di Milano e direttore sanitario dell'Irccs Galeazzi, intervenendo nel dibattito intorno ad una possibile revisione dello sbarramento alle Facoltà di Medicina presente anche in alcuni programmi elettorali dei partiti. "I quiz sono discutibili - sottolinea il medico - e non selezionano i ragazzi più preparati. Quindi si dovrebbe ragionare su come migliorare l'accesso, l'ipotesi di uno sbarramento al secondo anno potrebbe essere un passo in avanti".

“Basta numero chiuso alle facoltà di Medicina, se non si trovano medici significa che il sistema formativo non funziona e mortifica centinaia di giovani che non riescono ad accedere”, dice oggi l'assessore regionale alla Sanità del Lazio, Alessio D'Amato. Da tempo molti governatori - da Toti in Liguria a Musumeci in Sicilia, da Zaia in Veneto a Solinas in Sardegna, all'assessore alla Sanità dell'Umbria Luca Coletto - chiedono con insistenza l'abolizione del numero chiuso e dello stesso avviso è il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa. “Cosa ce ne facciamo degli alti standard di frequenza di cui disponiamo se poi i medici non si trovano e quelli che ci sono vengono pagati meno del resto d'Europa? Il tema è avere un sistema formativo europeo omogeneo; non capisco perché quello che si fa in Francia non può essere fatto in Italia. Così finiamo per mortificare l'aspirazione di migliaia di giovani che finiscono per andare a studiare all'estero e al tempo stesso non abbiamo il numero necessario di dottori: ci perdiamo tutti”, dice Alessio D'Amato.

Ma la ministra dell'Università e della Ricerca, Cristina Messa, la pensa diversamente. “Il numero chiuso è necessario per mantenere alta la qualità, sia nel caso di una selezione all'ingresso sia nel caso di “sbarramento” al secondo anno di università, come accade in Francia”, dice la ministra. Piuttosto, dall'anno accademico 2022-2023, ricorda, “ci sarà già un grande cambiamento per accedere alla facoltà di Medicina: non più una sola data ma un percorso che consenta ai ragazzi dalla IV superiore di prepararsi, autovalutarsi e poter tentare più volte nel corso dell'anno il test”.

Sul tema della carenza di medici, prosegue la ministra, “ciò che stiamo pagando oggi è stata una programmazione del passato di soli 9.000 ammessi all'anno a Medicina a fronte di quasi 16.000 complessivi previsti attualmente e di circa 5.000 borse all'anno per le scuole di specializzazione. Oggi per gli specializzandi ci sono oltre 13.000 posti, una programmazione che con il ministro Speranza abbiamo stabilizzato anche per il futuro e che segue il picco di 17.000 dello scorso anno con il quale abbiamo quasi annullato l'imbuto formativo che si era creato” conclude Messa. Anche per il presidente della Crui (Conferenza dei rettori delle università italiane) Ferruccio Resta, “non è un problema di numero chiuso ma serve il coraggio della pianificazione e delle priorità su cui investire”.

"Da professione universitario sono contrario al numero chiuso a Medicina perché so bene che non tutela il merito. Abbiamo creato un sistema paradossale dove chi entra non è il più bravo e questo è un problema. Entra infatti evidentemente chi ha più possibilità di prepararsi frequentando i corsi che però distraggano i ragazzi che frequentano gli ultimi due anni delle scuole superiori. Corsi che portano via energie e soldi alle famiglie, sono quiz che non premiamo il più bravo ma chi ha fatto più pratica". Lo sottolinea Matteo Bassetti, direttore della Clinica di malattie infettive al policlinico San Martino di Genova, tornando su dibattito intorno ad una possibile revisione dello sbarramento alle Facoltà di Medicina presente anche in alcuni programmi elettorali dei partiti.

Il virologo condivide con un video postato su Facebook la posizione espressa ieri dal prorettore dell'università Vita-Salute San Raffaele di Milano, Alberto Zangrillo: "i test a medicina non sono solo inutili ma amorali- ha detto ieri Zangrillo - soprattutto non selezionano le migliori forze future del nostro paese. Per avere più medici diciamo no al numero chiuso in medicina". Questo sistema di selezione, basato sui quiz, fu introdotto per la prima volta nel 1988-89. "Un sistema quasi perverso- spiega Bassetti- per cui non entrano i migliori ma quelli che si dedicano di più allo studio dei test. Ci vogliono 10-15 mila euro per poterli sostenere e solo alcuni studenti, evidentemente, se lo possono permettere".

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