Persistono differenze tra i diversi paesi europei: considerando tutte le neoplasie infantili complessivamente, la sopravvivenza a cinque anni varia tra il 71 e l’87%, con i paesi dell’Est spesso fanalini di coda
L’articolo dal titolo Stime di sopravvivenza a lungo termine e di frazione di guarigione per i tumori infantili in Europa (EUROCARE-6): risultati dello studio basato sui dati di popolazione, recentemente apparso sulla rivista "Lancet Oncology" è il primo frutto della sesta edizione di EUROCARE, il più ampio progetto di ricerca collaborativa sulla sopravvivenza al cancro in Europa. Avviato nel 1989 su iniziativa dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e dell’Istituto Superiore di Sanità, con l’obiettivo di misurare la sopravvivenza per tumore in Europa, EUROCARE vede attualmente la partecipazione di un gran numero di registri tumori di popolazione in tutto il Vecchio Continente.
Nell’articolo viene descritta l’analisi dei dati relativi a circa 140mila bambini (di età compresa tra 0 e 14 anni) diagnosticati nel periodo 2000-2013, reclutati da 80 registri tumori di popolazione in 31 Paesi europei.
Occorre tuttavia rilevare come persistano ancora disuguaglianze di sopravvivenza tra i diversi Paesi europei. Se si considerano complessivamente tutti i tumori pediatrici, la sopravvivenza a cinque anni aggiustata per età varia, infatti, dal 71% all'87%. In questo confronto i paesi dell’est Europa sono spesso fanalini di coda e le maggiori disparità di sopravvivenza tra paesi Europei si evidenziano per l’osteosarcoma.
Per quanto riguarda il nostro Paese, la percentuale di sopravvivenza di tutti i pazienti pediatrici è dell’82%, con risultati ottimi per tutti i tumori analizzati e quasi sempre superiori alla media europea.
Un altro risultato innovativo riportato dallo studio è la valutazione, per tutti i principali gruppi di tumori pediatrici, della sopravvivenza a lungo termine (fino a 15 anni) e la stima della frazione di guarigione. Quest’ultima è definita nello studio, riprendendo quanto evidenziato da alcuni clinici2, come la proporzione di pazienti che non rischiano più di morire a causa della progressione o recidiva del tumore diagnosticato. Va sottolineato che le neoplasie infantili, diversamente da quanto avviene per la maggior parte dei tumori rari, tra i quali vengono annoverate, sono per lo più curabili. Tuttavia, la stima statistica della percentuale di bambini effettivamente guariti dal tumore è stata finora ostacolata dalla persistenza di una mortalità a lungo termine dovuta agli effetti avversi dei trattamenti.
I dati prodotti dallo studio facilitano la stima della proporzione di bambini guariti, circa il 78% per tutti i tumori infantili in Europa, distinguendo la mortalità dovuta alla progressione del tumore da quella attribuibile agli effetti avversi dei trattamenti. Per questi pazienti, la prevenzione o la diagnosi precoce di possibili effetti tardivi del trattamento e, con minore probabilità, di tumori secondari, è stata stimata come il metodo più efficace per prevenire il rischio aggiuntivo di decessi.
Si auspica che in futuro questi modelli vengano sempre più utilizzati e che tali risultati siano considerati nel processo decisionale in materia di sanità pubblica, al fine di migliorare la consapevolezza dei pazienti sul loro stato di salute e facilitarne il ritorno alla vita normale. Il continuo aumento della sopravvivenza nel periodo di studio e il persistere di grandi disparità di prognosi tra i paesi europei indicano che si può ottenere molto dal contrastare le disuguaglianze nell'accesso alle migliori procedure diagnostiche e ai trattamenti attualmente disponibili. La collaborazione tra il mondo clinico ed epidemiologico deve essere intensificata per essere più efficace con azioni a livello europeo e nazionale.
Da rilevare, infine, che gli articoli pubblicati nel corso degli ultimi 20 anni da EUROCARE per i tumori infantili hanno stimolato la comunità oncologica pediatrica a chiedersi il perché delle differenze geografiche di sopravvivenza. Il progetto denominato International Benchmarking of Childhood Cancer Survival by Stage (BENCHISTA), coordinato dallo University College di Londra e dall’Istituto Nazionale dei tumori di Milano, ha lo scopo di capire se le differenze geografiche siano dovute a una diagnosi tardiva, cioè in uno stadio avanzato della neoplasia, oppure a un difficile accesso alle terapie. All’iniziativa partecipano, con i propri registri di popolazione, quasi tutti i paesi europei, oltre ad alcuni paesi extra-europei come il Canada, il Brasile, l’Australia e il Giappone.
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