Le piante sono state esposte per 12 giorni a concentrazioni di ibuprofene rilevate nelle acque costiere del Mediterraneo di 0,25 e 2,5 microgrammi per litro
Una ricerca dell’Università di Pisa (pubblicata sul Journal of Hazardous Materials) ha esaminato l’impatto dell'ibuprofene sulle piane marine, le angiosperme, mettendone in luce i rischi. «Il nostro è il primo studio che ha esaminato gli effetti di farmaci antinfiammatori sulle piante marine - spiega la professoressa Elena Balestri del dipartimento di Biologia dell’Ateneo pisano - Le angiosperme marine svolgono ruoli ecologici cruciali e forniscono importanti servizi ecosistemici, ad esempio proteggono le coste dall’erosione, immagazzinano carbonio e producono ossigeno, supportano la biodiversità, e costituiscono una nursery per numerose specie animali».
Attualmente, si stima che il consumo globale di ibuprofene superi le 10 mila tonnellate annue e «si prevede che aumenterà ulteriormente in futuro, e poiché gli attuali sistemi di trattamento delle acque reflue non sono in grado di rimuoverlo completamente anche la contaminazione ambientale aumenterà di conseguenza”», spiega Balestri. Per ridurre il rischio di un ulteriore aggravamento del processo di regressione delle praterie di angiosperme marine (in atto in molte aree costiere) sarà quindi «necessario sviluppare nuove tecnologie in grado di ridurre l'immissione di ibuprofene e di altri farmaci negli habitat naturali, stabilire concentrazioni limite di questo contaminante nei corsi d’acqua e determinare le soglie di tolleranza degli organismi, non solo animali ma anche vegetali». La ricerca è stata realizzata grazie alla collaborazione di tre team di ricerca, di Ecologia, di Botanica, e di Biologia Farmaceutica.
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