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Al Bambino Gesù nuovo trattamento contro il neuroblastoma

Oncologia Redazione DottNet | 12/02/2025 12:42

Locatelli: "Con questa terapia potremo offrire il trattamento con cellule Cart-T anche a quei pazienti che per la pregressa storia non potrebbero beneficiarne o che hanno già fallito il trattamento autologo"

Un altro passo avanti nella lotta al neuroblastoma, il tumore solido extracranico più frequente dell'età pediatrica. Ricercatori dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma hanno messo a punto una strategia basata su cellule Car-T derivate da un donatore compatibile (allogeniche) da impiegare nelle forme di tumore che non rispondono più ai trattamenti. La tecnica è stata testata con buoni risultati su 5 pazienti in una sperimentazione i cui dati sono stati pubblicati su Nature Medicine.

Le cellule Car-T sono cellule immunitarie (i linfociti T) modificate geneticamente per riconoscere e uccidere le cellule tumorali. Lo scorso anno i ricercatori del Bambino Gesù avevano mostrato che quelle generate dai linfociti T del paziente possono combattere il neuroblastoma. Ciò, tuttavia, non è possibile per tutti i malati. Il nuovo studio dimostra che si possono impiegare in maniera efficace e sicura anche le cellule prelevate da un donatore compatibile.
Nella sperimentazione, 3 dei 5 pazienti trattati hanno ottenuto una remissione completa, cioè la scomparsa dei segni della malattia; 1 è andato incontro a una remissione parziale; nell'ultimo paziente la malattia si è stabilizzata per alcuni mesi. Il trattamento non è però riuscito a spegnere del tutto la malattia, che in 4 dei 5 malati è successivamente recidivata o progredita. Il quinto paziente era invece ancora in remissione completa al termine dello studio. "Questi risultati rappresentano una svolta importante", afferma Franco Locatelli, responsabile del Centro studi clinici oncoematologici e terapie cellulari del Bambino Gesù. Grazie a questa terapia è possibile "offrire il trattamento con cellule Cart-T anche a quei pazienti che per la pregressa storia non potrebbero beneficiarne o che hanno già fallito il trattamento con le cellule Car-T autologhe", conclude.

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