Il giudice ha accolto la domanda proposta dai legali della direttrice di unità operativa complessa di un'azienda ospedaliera a cui veniva contestato un debito orario
Il giudice ha accolto la domanda proposta dai legali della direttrice di unità operativa complessa di un'azienda ospedaliera a cui veniva contestato un debito orario
Il dirigente medico non è tenuto a rispettare un orario di lavoro minimo. E' la sentenza del Tribunale di Reggio Calabria, seconda sezione Civile Settore Lavoro/Previdenza, che con questa decisione crea un precedente per i dirigenti medici. La professionista era accusata di non aver svolto l'orario di lavoro previsto di 38 ore settimanali, ma Il giudice Arturo D’Ingianna ha accolto la domanda proposta nell’interesse della direttrice di unità operativa complessa di una importante azienda ospedaliera, dichiarando che la ricorrente non era tenuta a rispettare un orario di lavoro minimo. Di conseguenza è stato ritenuto illegittimo il provvedimento di determinazione di un debito orario, stante l’insussistenza dell’indebito contestato. Per l’effetto ha dichiarato non dovuta la richiesta restitutoria avanzata dall’azienda ospedaliera per l’asserito debito orario accertato sulla base delle timbrature. Lo riporta Messina Today.
"La lavoratrice, difesa da Legalilavoro Messina, ha evidenziato che i direttori di unità operativa complessa sono esclusi dalle tutele in materia di orario di lavoro, come previsto dall’art. 17 d.lgs. 66/2003. L’art. 24 Ccnl del comparto, che stabilisce in 38 ore settimanali l’orario di lavoro contrattualmente dovuto dai dirigenti medici, non si applica infatti ai titolari di un incarico di struttura complessa, per i quali il seguente art. 25 prescrive la rilevazione delle presenze tramite timbratura unicamente ai fini del calcolo degli istituti indiretti o accessori della retribuzione quali ferie, assenze e congedi. I titolari di struttura complessa devono perciò assicurare la loro presenza in servizio quando e quanto serve senza limiti di orario, al fine di svolgere le funzioni attribuite per la corretta organizzazione e gestione delle risorse della struttura di riferimento", si legge sul sito del quotidiano telematico.
L’orario di lavoro, a differenza del tempo di lavoro, non costituisce parametro della prestazione che va valutata in relazione al conseguimento degli obiettivi assegnati e all’adempimento delle funzioni e responsabilità attribuite, con particolare riferimento all’efficace ed efficiente gestione delle risorse conferite alla struttura diretta. In definitiva, il direttore di struttura complessa non è tenuto ad un orario contrattuale predefinito e, quindi, non può determinarsi un debito orario a suo carico così come non può determinarsi neppure un credito a suo vantaggio.
Il Tribunale ha condiviso i suddetti argomenti, utilizzati dalla difesa della dirigente, e ha riconosciuto che il contratto collettivo rappresenta fonte delegata dalla legge alla disciplina del rapporto di lavoro, anche in tema di orario, ed al trattamento economico. Ha in particolare osservato che «non vi è alcun elemento che faccia ritenere che la contrattazione collettiva intenda sottoporre il dirigente di struttura complessa alla prestazione minimale dell'orario di lavoro di 38 ore settimanali perché pur prevedendo una presenza in servizio per il direttore di struttura complessa non la predefinisce quantitativamente e lascia piuttosto alla autoresponsabilità del direttore di armonizzare la presenza in servizio con le presenze degli altri dirigenti al fine di realizzare i programmi e gli obiettivi assegnati». E, ancora, ha precisato come «l'art. 24 ribadisce per i dirigenti medici la presenza in servizio e il tempo di lavoro, con una articolazione flessibile. L'orario per i dirigenti medici resta di 38 ore settimanali. Al comma 7 prevede un orario articolato su cinque o sei giorni e un orario convenzionale giornaliero. [Mentre] l'art. 25 (orario di lavoro dei dirigenti con incarico di direzione di struttura complessa) nessun richiamo fa all'orario di lavoro di 38 ore di cui al precedente».
Il Tribunale ha quindi escluso l’obbligo per la ricorrente, direttrice di unità operativa complessa, di dover rispettare un orario di lavoro in presenza di minimo 38 ore settimanali. Il debito orario era stato contestato sulla base delle timbrature registrate da un software che presenterebbe anche macroscopici errori di programmazione. Ad esempio, nella stampa cartellino risultava sommato al debito orario il credito orario arbitrariamente, trasformando un + in un -.
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