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Gemelli digitali dei pazienti per nuovi farmaci più veloci

Farmaci Redazione DottNet | 29/09/2025 19:24

Ricercatore italiano sulla rivista Nejm, '"con l'AI trial più rapidi"

Reclutare i pazienti è in molti casi la parte più difficile nell'avvio della sperimentazione clinica per un farmaco innovativo, perché trovarne in numero sufficiente - soprattutto se si parla di malattie o forme di tumori rari - può risultare complesso e richiedere tempi lunghi. Una soluzione potrebbe arrivare da un nuovo metodo che utilizza l'Intelligenza Artificiale generativa: si creano dei gemelli digitali dei pazienti reali che consentono di ridurre fino al 50% il numero di pazienti veri necessari per il trial, garantendo però la stessa sicurezza del risultato rispetto al metodo sperimentale classico. Obiettivo: velocizzare i tempi delle sperimentazioni cliniche e far arrivare più rapidamente i farmaci innovativi al letto del malato. Descritto in un editoriale appena pubblicato sul New Englad Journal of medicine AI, il nuovo metodo è stato ideato e testato da un giovane ricercatore italiano di 26 anni, Piersilvio De Bartolomeis, insieme a due docenti della Harvard University: Issa Dahabreh, professore di Epidemiologia alla Harvard School of Public Health, e Robert Yeh della Harvard Medical School.

Laureato in Ingegneria informatica al Politecnico di Milano, il giovane ricercatore italiano, di Battipaglia (Salerno), sta attualmente terminando un dottorato in Machine learning al Politecnico di Zurigo, dopo un periodo di 6 mesi alla Harvard University supportato dalla Ermenegildo Zegna Founder's Scholarship. L'Intelligenza artificiale, spiega all'ANSA, "offre enormi opportunità nell'ambito della sperimentazione clinica dei farmaci. Nell'editoriale esaminiamo i nuovi metodi di generative AI per cercare di simulare e accelerare le sperimentazioni dei nuovi farmaci nelle fasi cliniche, ovvero sui pazienti. Facciamo riferimento a due nostri studi e ad un terzo studio del team di Microsoft. Ci sono una serie di metodi e modelli, inclusi quelli che noi stiamo sviluppando, che permettono di utilizzare l'AI generativa appunto per velocizzare alcune fasi della sperimentazione. In pratica, l'AI permette di arruolare meno soggetti necessari in un trial: se prima ne servivano ad esempio 100, ora ne potranno servire 70 impiegando l'AI e ciò permette di concludere la sperimentazione più velocemente".

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Infatti, chiarisce, "soprattutto per alcuni ambiti, la parte più difficile di una sperimentazione è appunto rappresentata dal reclutamenti dei pazienti, perché magari è difficile trovarne, soprattutto in relazione a patologie rare per le quali i tempi di reclutamento a volte possono richiedere anni. E' qui che interviene l'AI: in pratica si simulano alcuni di questi pazienti utilizzando la generative AI. Si fa quindi un 'mix' di pazienti veri e pazienti simulati che sono una sorta di gemelli digitali, avendo le stesse caratteristiche dei pazienti veri, e questo permette di ridurre il numero di pazienti reali velocizzando i tempi per la sperimentazione. Questi modelli di AI sono ovviamente utilizzati garantendo la sicurezza nel rispetto di rigide linee guida di Fda ed Ema.

La ricaduta pratica è che il farmaco potrà arrivare prima sul mercato, accelerando la disponibilità ai pazienti". Rispetto a studi passati, che ipotizzano l'utilizzo di soli gemelli digitali dei pazienti con una garanzia del risultato non del tutto ottimale, "la novità del nostro lavoro - sottolinea - consiste nell'aver ideato un metodo che combina in modo equilibrato dati di pazienti reali e digitali. Questa integrazione, opportunamente calibrata, garantisce la sicurezza e assicura gli stessi livelli di affidabilità del metodo tradizionale basato solo su pazienti reali, riducendone però in maniera significativa il numero necessario". Attualmente il team ha avviato una partnership con una Pharma Company per testare questi metodi in un contesto clinico e, guardando al futuro, De Bartolomeis aggiunge: "Il nostro obiettivo è creare una start-up". Il fine è dunque velocizzare lo sviluppo dei farmaci il più possibile, tuttavia, avverte il ricercatore, "l'applicazione dell'AI nel settore medico-farmaceutico richiede una grande cautela e va detto che l'AI non potrà mai comunque simulare l'intera sperimentazione clinica, che richiederà sempre studi clinici su pazienti umani e la supervisione diretta degli specialisti medici". Un lavoro "appassionante" quello della ricerca, afferma De Bartolomeis, che oggi si sente "abbastanza un cervello in fuga, ma si tratta in qualche modo di una scelta obbligata: purtroppo in Italia - sottolinea - è molto difficile fare ricerca innovativa, soprattutto nell'ambito dell'AI. Negli Stati Uniti c'è una diversa organizzazione ed una concentrazione di persone che fanno ricerca i questi ambiti che rende tutti i processi più strutturati e veloci. Inoltre, ci sono maggiori finanziamenti. Diverso è anche il sistema di reclutamento, molto più incentrato sulla meritocrazie". Non ultimo, conclude, "un altro punto critico è la ridotta capacità dell'Italia di attirare i talenti della ricerca: mancano meccanismi e condizioni per attrarre i ricercatori, che è invece quello su cui paesi come Usa e Svizzera puntano per costruire il progresso".

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