Cardiologi, "con il nuovo studio si punta ad aumentare gli interventi"
La Tavi (sostituzione transcatetere di valvola aortica), una procedura minimamente invasiva che permette di sostituire una valvola aortica malata senza ricorrere alla chirurgia a cuore aperto, è diventata un trattamento consolidato e salvavita per i pazienti con stenosi aortica sintomatica grave, ma, nonostante questo, oltre 10mila pazienti italiani candidabili alla procedura rimangono fuori, su un totale di oltre 20mila, con un dato in stallo rispetto al 2023 (circa 13mila interventi eseguiti nel 2024). L'allarme arriva dal 46esimo congresso nazionale della Società italiana di cardiologia interventistica (Gise), in corso Milano. Per risolvere le attuali criticità, sono al vaglio degli esperti diverse ipotesi, tra cui quella che dei pazienti accuratamente selezionati possano essere trattati in modo sicuro ed efficace anche in ospedali senza cardiochirurgia in sede.
Se l'ipotesi verrà confermata, si potrebbero attenuare le attuali disparità di accesso e ridurre i tempi di attesa che mettono a rischio la vita dei pazienti. "Negli ultimi anni, i progressi tecnologici e l'aumentata esperienza degli operatori hanno reso la procedura ancora più sicura, riducendo drasticamente le complicazioni che richiedono un intervento chirurgico d'urgenza", spiega Francesco Saia, presidente di Gise. D'altro canto, le linee guida internazionali raccomandano che la Tavi sia eseguita solo in centri con cardiochirurgia in sede. "Questa pratica, fondata sulla prudenza, ha permesso lo sviluppo di questa terapia in assoluta sicurezza ma, con l'espandersi delle indicazioni e del fabbisogno, ciò potrà generare problemi di accesso", aggiunge Alfredo Marchese, presidente eletto Gise. "Se i risultati dello studio confermeranno le premesse, si potranno aprire nuove strade per l'assistenza sanitaria - concludono Saia e Marchese -. La possibilità di eseguire la Tavi in un maggior numero di ospedali potrebbe ridurre i tempi di attesa, migliorare l'accesso ai pazienti che vivono lontano dai grandi centri specializzati e liberare risorse".
Il focus della ricerca è l’impiego di terapie geniche innovative basate su DNA e RNA progettate per agire direttamente sulla proteina responsabile della patologia
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