Canali Minisiti ECM

In Italia non si fanno figli e il Paese invecchia, nel 2050 in pensione a 69 anni a 70 nel 2067

Sanità pubblica Redazione DottNet | 22/10/2025 16:35

L’Istat ha aggiornato i requisiti di età per lasciare il lavoro per i prossimi anni. Greco (S.I.d.R.): “Medicina riproduzione e prevenzione contro inverno demografico”

Un Paese che invecchia, in cui le nascite continuano inesorabilmente a diminuire, si diventa madri sempre più tardi e dove si tocca il minimo storico di figli per donna. E' la fotografia che arriva dagli ultimi dati dell'Istat che, in base alle stime della Ragioneria Generale dello Stato, prevede un aumento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia a 68 anni e 11 mesi nel 2050 (dai 67 anni attuali) e a 70 anni nel 2067. Nei prossimi decenni la quota di over 65 aumenterà, fino a superare 1/3 della popolazione nel 2050 (quando saranno pari al 34,6%). Mentre la Francia sulla scia delle proteste sospende la riforma delle pensioni (con l’uscita che per ora resta ferma a 62 anni), l’Italia è costretta ad aumentare ancora e superare così la soglia dei 67 anni.

La soluzione scelta dal governo Meloni consente di contenere l’impatto sui conti: tre miliardi di euro per stoppare fino al 2028 gli aumenti previsti dalla Fornero erano troppi per le casse pubbliche.

E in futuro le cose non cambieranno. Per capire come cambiano le pensioni nei prossimi anni, bisogna partire da due punti chiave. E il primo, come detto, è proprio la Legge Fornero, che da oltre dieci anni scandisce i tempi della pensione come un metronomo: ogni due anni i requisiti per lasciare il lavoro — età e contributi — si aggiornano automaticamente seguendo l’andamento della speranza di vita. Ma c’è anche collegato un secondo punto. Dopo il drammatico stop imposto dal Covid alla vita media degli italiani, questa ha ripreso a salire (oggi è di circa 84,1 anni, posizionando il nostro Paese primo in Europa insieme alla Svezia, secondo i dati Eurostat del 2024). Un segnale positivo, certo, ma che per il sistema previdenziale significa una cosa sola: dal 2027 deve scattare di nuovo l’adeguamento dell’età pensionabile.

pubblicità

L'Istat evidenzia un incremento significativo della partecipazione al mercato del lavoro nelle fasce d'età avanzate. Il tasso di attività per i 65-74enni passerà dall'11% del 2024 al 16% nel 2050. Estendendo l'analisi fino ai 75 anni – oltre il tradizionale bacino 15-64 anni – si osserva una crescita graduale dei tassi nelle età più mature. Per gli uomini, la classe 65-69 anni registrerà un +12 punti percentuali; per le donne, la 60-64 anni supererà i +16 punti, grazie all'innalzamento pensionistico e a una maggiore propensione femminile al lavoro.

Il progressivo invecchiamento è il motore di questi cambiamenti. La quota di over 65 sul totale popolazione salirà dal 24,3% (meno di uno su quattro) nel 2024 al 34,6% (più di uno su tre) nel 2050. Contestualmente, la fascia 15-64 anni scenderà dal 63,5% al 54,3%. La speranza di vita alla nascita, nello scenario mediano Istat, aumenterà: per gli uomini da 81,7 a 84,3 anni; per le donne da 85,6 a 87,8 anni. A 65 anni, la vita residua crescerà da 19,8 a 21,5 anni per gli uomini e da 22,7 a 24,4 anni per le donne. L'Istat nota che questo allungamento è accompagnato da un miglioramento generale delle condizioni di salute, favorendo una maggiore permanenza nel mondo del lavoro.

E in Italia si fanno sempre meno figli. Dal report sulla natalità emerge che nel 2024 le nascite sono scese sotto quota 370mila (esattamente 369.944) in calo del 2,6% sull'anno precedente. Una tendenza che sembra proseguire anche nei primi mesi del 2025. Secondo i dati provvisori relativi a gennaio-luglio, infatti, sono circa 13mila in meno i bimbi nati rispetto allo stesso periodo del 2024 (-6,3%). Le regioni dove il calo è più intenso sono l'Abruzzo e la Sardegna (con un -10,2% e -10,1%). Ma non in tutta Italia c'è un trend negativo. In Valle d'Aosta e nelle province autonome di Bolzano e di Trento si registra un aumento delle nascite del 5,5%, 1,9% e 0,6%. "I dati Istat su natalità e fecondità confermano che in Italia l’inverno demografico è un’emergenza seria, da affrontare con politiche familiari più concrete, allargando gli interventi ai livelli sociale, economico e sanitario. Occorre un’azione ad ampio raggio, che coinvolga la scuola, le famiglie, le comunità territoriali, sostenendo inoltre la medicina della riproduzione in un’ottica di prevenzione e tutela della salute" afferma Ermanno Greco, presidente della Società Italiana della Riproduzione (S.I.d.R.). "Allarma – aggiunge Greco – anche la minore fecondità delle donne italiane, con una riduzione progressiva nel corso degli anni che riguarda l’intero territorio nazionale. Altro dato da tenere presente è l'età media al parto delle madri, che raggiunge i 32,6 anni nel 2024, in lieve rialzo sull'anno precedente e in crescita di quasi 3 anni rispetto al 1995. Bisogna ricordare che la fertilità biologica femminile comincia a scendere già dopo i 30 anni e in maniera più marcata dopo i 35. L’età è, inoltre, un fattore decisivo per la buona riuscita delle tecniche di procreazione medicalmente assistita. Con l’età, infatti, aumenta il numero degli ovociti non sani, tanto che nelle donne over 35 prima di un impianto viene verificata la salute dell’embrione per testarne la qualità. La possibilità di gravidanza e di impianto cambia se gli embrioni, se pur sani geneticamente, sono di una donna dopo i quarant’anni rispetto a quelli di una donna giovane".

"La denatalità – sottolinea Greco – è una questione estremamente attuale, ma le sue conseguenze peseranno soprattutto sulle generazioni future. Tra le risposte più efficaci a questo problema vi è il sostegno alla Pma, oggi resa ancora più efficiente grazie all’integrazione con la diagnosi genetica preimpianto. Sarebbe utile consentire anche in Italia il reclutamento delle donatrici per i programmi di ovodonazione, come già avviene in molti altri Paesi europei, agevolando così la fecondazione eterologa".

In caduta il numero medio di figli per donna che raggiunge il minimo storico: nel 2024 si attesta a 1,18 (in flessione sul 2023 quando segnava 1,20) e la stima provvisoria dei primi sette mesi del 2025 evidenzia un ulteriore diminuzione a 1,13. Le donne, inoltre, diventano madri sempre più tardi. Nel 2024 l'età media al parto raggiunge i 32,6 anni in lieve rialzo sull'anno precedente (32,5), ma in crescita di quasi tre anni rispetto al 1995. Limitando l'analisi ai soli primogeniti le donne diventano madri in media per la prima volta a quasi 32 anni (31,9) a fronte dei 31,7 nel 2023 e di 28,1 anni nel 1995. L'aumento dell'età media al parto si osserva sia tra le straniere sia tra le italiane. L'età continua a essere più alta nel Centro e nel Nord (33 e 32,7 anni) rispetto al Mezzogiorno (32,3). Lazio, Basilicata e Sardegna sono le regioni cui spetta il primato della posticipazione (33,2 anni in tutte e tre le regioni).

Ed è sempre più diffusa tra i giovani la tendenza ad avere figli fuori dal matrimonio. Pur a fronte di una riduzione assoluta, l'incidenza dei nati da coppie non coniugate continua comunque a crescere: 43,2% nel 2024 (+0,8 punti percentuali sul 2023 e +23,5 punti percentuali sul 2008). La quota più elevata si osserva nel Centro (49,6%), seguito dal Nord (42,8%). Tra le regioni spiccano l'Umbria e il Lazio dove più della metà dei bimbi nasce fuori dal matrimonio. Resta sostanzialmente stazionario, invece, il numero dei nati da genitori in cui almeno uno dei partner è straniero. Queste nascite, che costituiscono il 21,8% del totale, sono passate da 80.942 nel 2023 a 80.761. Dal 2012, ultimo anno in cui si è osservato un aumento sull'anno precedente, il calo è di oltre 27mila unità. E i dati dell'Istat hanno sollevato reazioni politiche. La senatrice Raffaella Paita, capogruppo al Senato di Italia Viva, definisce il quadro "drammatico". "Dopo tre anni di governo - afferma - è la dimostrazione più evidente della totale assenza di politiche per la famiglia". Per Marco Furfaro, responsabile Contrasto alle diseguaglianze e Welfare nella segreteria nazionale del Pd e capogruppo in Commissione Affari Sociali, "il governo Meloni si riempie la bocca di parole come 'famiglia' e 'natalità', ma poi non fa assolutamente nulla per chi vorrebbe crearne una". Per Gigi De Palo, presidente della Fondazione per la Natalità, "si conferma la profonda crisi demografica che l'Italia sta attraversando. Non è più un segnale isolato, ma un trend che mette a rischio la sostenibilità sociale ed economica della nostra nazione".

Commenti

I Correlati

Il testo istituisce gli elenchi speciali ad esaurimento e fissa paletti temporali stringenti per l'iscrizione e il conseguimento del titolo abilitante definitivo

Triassi: "La sicurezza, in questo contesto, non è solo un obbligo normativo ma un principio etico e organizzativo. Proteggere chi lavora in sanità significa anche garantire cure migliori e più sicure ai pazient"

Enpam, le scadenze di ottobre

Previdenza | Redazione DottNet | 21/10/2025 20:44

Tutti gli oneri, dal contributo Quota B alle Borse di studio

Nella missiva si chiede anche l'immediata esigibilità delle risorse a regime da Gennaio 2026

Ti potrebbero interessare

Più formazione per vincere sfida arresto cardiaco improvviso

I vaccini sono adattati alla variante JN.1. Possibile la co-somministrazione dei nuovi vaccini aggiornati con altri

Bellantone: "la sicurezza dell’assistito è un pilastro fondamentale della qualità delle cure ed è un diritto inalienabile di ogni persona"

"Uso corretto delle risorse non avviene in tutte le regioni"

Ultime News

Più letti