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Infermieri, come cambiano i ruoli con il nuovo accordo Stato-Regioni

Sanità pubblica Redazione DottNet | 22/01/2013 15:42

 

Ecco  la nuova proposta del Tavolo Ministero-Regioni sull'implementazione e lo sviluppo delle competenze infermieristiche, messa a punto con le osservazioni avanzate dalle organizzazioni di categoria sul vecchio testo (clicca qui per scaricare la relazione). Con due nuovi articoli - Modalità e percorsi per lo sviluppo delle competenze professionali e Governo dell’evoluzione professionale, formativa e organizzativa nel Ssn -, il nuovo  Accordo Stato Regioni appare notevolmente cambiato rispetto alla versione precedente soprattutto per quanto riguarda  la formazione come  previsto dall’articolo 6 della legge 43/06. In pratica, come già avviene per i medici, anche per il percorso formativo dell'infermiere si prevede la possibilità di arricchire ed implementare le proprie competenze in materie specifiche, seppure suddivise in macroaree rispetto alla forte articolazione specialistica prevista per la professione medica. 

 

Il nuovo testo prevede che, attraverso un provvedimento del Miur, di concerto con il ministero della Salute e d’intesa con le Regioni, dovranno essere emanati gli indirizzi per dare corso alla formazione dell'infermiere specialista e al riconoscimento dei CFU (Crediti Formativi Universitari) relativi ai percorsi pregressi effettuati in ambito regionale. Sei, in particolare, le aree su cui si svilupperanno le nuove competenze, e quindi la formazione specialistica degli infermieri:  Area cure primarie - servizi territoriali/distrettuali,  Area intensiva e dell'emergenza-urgenza,  Area medica,  Area chirurgica,  Area neonatologica e pediatrica,  Area salute mentale e dipendenze. 

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Sparisce un capitolo molto contestato dalle rappresentanze professionali e sindacali: non è più previsto  l'elenco delle nuove competenze attribuibili  agli infermieri per ciascuna delle sei aree. Una lista di funzioni che, secondo le organizzazioni degli infermieri, troppo ricordava il vecchio mansionario abolito nel 1999 e mal visto dagli infermieri perché ne escludeva l'iniziativa limitandoli ad eseguire i compiti elencati nello stesso, mentre per i proponenti si trattava solo di funzioni indicative attribuibili oltre quelle già previste dagli infermieri. Naturalmente i successivi accordi regionali ed aziendali dovranno successivamente indicare quale ulteriori competenze, anche e soprattutto quelle ora di competenza solo della professione medica, potranno essere svolte dagli infermieri e in quali modalità organizzativa e con quale percorso formativo: quindi un metodo induttivo invece che deduttivo. C’è da aggiungere che il nuovo testo conferma il riferimento alla revisione dei piani di studio della Laurea infermieristica, della Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche e dei Master Universitari di I e II Livello.

Competenze. Le esperienze già messe in atto in alcune regioni per promuovere lo sviluppo delle competenze e delle responsabilità professionali dell’infermiere e dell’infermiere pediatrico dovranno essere ricondotte alle modalità e ai percorsi definiti da questo accordo. In questo modo si dovrebbe risolvere il problema, più volte denunciato dagli infermieri ma anche dai medici, della difformità di modelli che negli anni si sono diffusi sul territorio nazionale, soprattutto in seguito ad alcune sperimentazioni avviate in Regioni come la Toscana e l’Emilia Romagna, ma soprattutto si da riconoscimento e dignità nazionale alle esperienze pilote e di avanguardia avviate da queste Regioni.  Cancellato poi, rispetto alla vecchia versione, il comma che prevedeva che le Regioni attuassero le indicazioni dell’accordo in relazione alle esigenze territoriali e al fabbisogno di infermieri esperti definendone il processo di accreditamento professionale, così come sparisce la possibilità per le aziende e altre istituzioni socio sanitarie di definire, con successivo procedimento, i percorsi attuativi.  Tuttavia, uno dei nuovi articoli introdotti nella bozza (quello su Modalità e percorsi per lo sviluppo delle competenze professionali) prevede che le Regioni definiscano, all’interno del processo di accreditamento professionale, i criteri per lo sviluppo delle competenze degli infermieri e la conseguente revisione dei modelli organizzativi, sia ospedalieri che territoriali, ad iniziare dall’organizzazione dei presidi ospedalieri per intensità di cure e dai modelli per complessità assistenziale, in relazione alle esigenze regionali e professionali. Così come, sulla base di una specifica intesa con le rappresentanze sindacali e professionali, definiranno, in collaborazione con l’Università, entro 180 giorni dall’approvazione dell’Accordo, i percorsi attuativi e i criteri per riconoscere pregresse specifiche esperienze, nonché i percorsi formativi da effettuarsi in ambito regionale o aziendale, anche ai fini dell’attribuzione dei Crediti Formativi Universitari.

 

Esperienza professionale.  Lo sviluppo delle competenze e delle responsabilità, basato sulla formazione, sulla ricerca e sull’esperienza professionale acquisita in ambito lavorativo, debba avere come riferimento “le norme deontologiche, le disposizioni normative ed amministrative relative ai contenuti dei profili professionali e gli ordinamenti formativi universitari, nonché le scelte di programmazione nazionale e regionale, per migliorare la presa in carico della persona, la continuità assistenziale fra ospedale e territorio, il governo dei bisogni assistenziali, sanitari e socio sanitari delle persone, delle famiglie e della comunità assistita”. Da queste modifiche deriva la cancellazione, nella relazione illustrativa che accompagna lo schema di accordo, della nuova figura dell’infermiere esperto, definito come “il professionista in possesso di un certificato di competenze in esito ad un percorso formativo della regione/provincia autonoma, con l’eventuale contributo delle Università”.  Lo stesso articolo su Governo dell’evoluzione professionale, formativa e organizzativa nel Ssn, infine, stabilisce che per promuovere lo sviluppo omogeneo delle competenze professionali e dei conseguenti modelli organizzativi nel Ssn, nonché per promuovere e diffondere le buone pratiche, venga istituito presso il ministero della Salute un Osservatorio nazionale delle buone pratiche professionali e organizzative.

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