Attratti dal miraggio di una cura rapida al crescente disagio psicoemotivo, gli italiani fanno sempre piu' uso di psicofarmaci (ansiolitici, ipnotici, antidepressivi, antipsicotici): un'eccessiva medicalizzazione di un disagio interiore spesso acuito da condizioni di vita sempre piu' difficili, e la volonta' crescente di cercare la cura facile e rapida, illusoria, ricorrendo al farmaco. E' quanto emerge da un'indagine coordinata da Davide Galesi, dell'unievrsita' di Trento, che ha portato al libro 'Gli psicofarmaci tra medicalizzazione e autocura. Una ricerca nella provincia di Mantova', scritto con Gabriele Giannella e Maurizio Gobbetto, entrambi della ASL di Mantova (Franco Angeli).
Dall'indagine, su 3741 individui (selezionati tra chi nel 2010 si e' recato in farmacia per acquistare uno psicofarmaco, rimborsato o meno dal Servizio sanitario nazionale), emerge un ''bisogno crescente di autocura e di miglioramento delle prestazioni cognitive ed emotive'', spiega Galesi: ''Si fa un uso piu' disinvolto degli psicofarmaci, prescritti a volte - afferma - con troppa facilita', specie dai medici di base, che affrontano difficolta' psicoemotive non marcatamente patologiche, ma piu' legate agli stress della vita quotidiana. D'altra parte i pazienti chiedono il farmaco nella speranza di risolvere problemi e disagi complessi 'con l'acceleratore' e nell'ottica di potenziare le proprie prestazioni come nella cultura del doping''. Il 63,1% degli intervistati ha comprato ansiolitici, il 33,5% antidepressivi, il 18,4% ipnotici (favorenti il sonno), il 7,8% antipsicotici. Quasi un quarto degli intervistati (23,9%) consuma piu' di uno psicofarmaco (policonsumo).
Fonte: galesi
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