''Le percentuali possono essere un obiettivo da raggiungere con un percorso di monitoraggio, non sono contrario a fissare obiettivi anche numerici, ma per arrivarci non si può immaginare una riduzione automatica, per decreto''. Il commento del Ministro della salute Renato Balduzzi sulla circolare dell'Inps che chiede ai medici di ridurre del 3% la prognosi per i permessi di lavoro dovrebbe smorzare le feroci polemiche dei giorni scorsi.
Come si ricorderà, una recente circolare emessa dall’Inps invita esplicitamente i medici di famiglia a ridurre i permessi del 3% rispetto al 2012, facendo visite fiscali più rigide. Come si evince dal documento, questo risulterebbe necessario per la “programmazione e il budget delle strutture territoriali nel 2013”. Infatti dal quarto giorno di malattia in poi è proprio l'istituto di previdenza a pagare stipendio e contributi al posto del datore di lavoro. Cancellare qualche giorno di permesso, quindi, vuol dire per l'Inps limare una voce di spesa che vale ogni anno circa 2 miliardi di euro. In pratica circa una mezza Imu. Come si può facilmente immaginare la circolare non è piaciuta all'Ordine dei medici. "Così l'Inps dice che il 3% dei certificati firmati dai medici di famiglia è falso – tuona Roberto Carlo Rossi, presidente dell'Ordine dei medici di Milano -. Hanno messo la malattia delle persone alla voce costi, come la carta per le stampanti o il toner. Inaccettabile". Resta il fatto però che - come sanno tutti quelli che lavorano - l'assenteismo è una realtà e che chissà perché il giorno in cui "scoppia" la malattia è sempre il lunedì. ''Evidentemente - aggiunge il ministro - la richiesta di tagliare il 3% dei certificati è una semplificazione del problema, ma ci sono altri modi per incidere con attività di controllo su quel che non funziona.
Stretta sui viaggi fuori regione. La Campania ha fatto da apripista con l'autorizzazione preventiva prevista per molti interventi chirurgici fuori regione. Tuttavia il provvedimento verrà adottato anche a livello nazionale, come indica la commissione Salute che riunisce gli assessori alla Sanità delle Regioni italiane. La svolta è arrivata nel corso dell’ultima riunione (a cui non ha partecipato la Lombardia, che più di tutte beneficia della migrazione di pazienti): si è così deciso di adottare una serie di «paletti» per tentare di arginare la piaga della mobilità passiva. Proprio a causa della fuga di pazienti, infatti, la sola Campania spende circa 400 milioni di euro all’anno. Ma l’emergenza riguarda anche altre aree del Sud e persino il Centro-Nord tant’è che Veneto ed Emilia Romagna, inizialmente scettiche, si sono convinte a dialogare in merito.
L'iniziativa della Campania. D’ora in poi per molti interventi chirurgici fuori Campania servirà un’autorizzazione preventiva: occorrerà infatti l’ok da un’apposita commissione dell’Asl se vorrà farsi curare altrove, altrimenti non se ne farà nulla. È la rivoluzionaria norma introdotta (per il momento in via sperimentale) con il decreto commissariale 156, pubblicato ieri sul Burc. Una misura, prevista dalla finanziaria regionale del 2012 nonché dal Consiglio dei ministri. Per il governatore-commissario Stefano Caldoro e il vice Mario Morlacco, ci sono cinque patologie per le quali occorrerà essere autorizzati: interventi sulla retina, sul cristallino (con o senza vitrectomia), sulle strutture intraoculari (eccetto retina, iride e cristallino), malattie e disturbi dell’ apparato muscolo-scheletrico e connettivo, interventi sul ginocchio senza diagnosi principale di infezione. Quattro, invece, le regioni che non potranno accogliere direttamente i cittadini campani: Lazio, Molise, Puglia e Basilicata. Perché proprio queste e non altre? Perché, secondo gli esperti, tali regioni ospitano ogni anno la maggior parte degli ammalati che vivono nel nostro territorio. Una norma che, osservano gli scettici, presta il fianco a eventuali ricorsi alla Corte costituzionale. Si tratta di un primo passo. Per i tecnici del ministero della Salute sono infatti oltre un centinaio le patologie sulle quali si registrano maggiori sprechi di denaro pubblico. E allora anche a livello nazionale si sta ragionando sulla possibilità di seguire la strada adottata in Campania fissando appositi «paletti». «Siamo partiti da cinque categorie ad elevato rischio inappropriatezza per avviare un percorso strategico - spiega a tal proposito il deputato Raffaele Calabrò, consigliere del governatore per la salute - I cittadini hanno il diritto di scegliere dove farsi operare ma se ciò determina gravi sprechi la Regione può e deve controllare nell’interesse degli stessi cittadini che pagano le tasse e chiedono legittimamente servizi e prestazioni adeguate». All’orizzonte ci saranno sicuramente disagi. Perché il provvedimento è retroattivo (dal primo gennaio 2012) e perché ogni Asl è tenuta a istituire un’apposita commissione «per il rilascio delle autorizzazioni preventive, fornendo adeguata informazione ai medici di famiglia e ai pazienti». Delle commissioni, tuttavia, ancora non c’è traccia. E senza nulla osta preventivo? Il decreto è chiarissimo: «In assenza dell’autorizzazione le prestazioni non sono remunerabili». Sempre con il decreto 156 la struttura commissariale ha provveduto a rimodulare le tariffe (provvisorie) per i non residenti (anche in questo caso la norma è retroattiva) che «usufruiscono del pronto soccorso presso gli ospedali campani senza ricovero». Prestazioni per le quali palazzo Santa Lucia potrà poi chiedere il rimborso alle altre Regioni. Si va dal meno grave codice bianco (la quota sarà di 41,32 euro), passando per il verde (154,94 euro), il giallo (309,87 euro) e fino al codice rosso (1.032,91 euro). Si pagherà anche nel malaugurato caso di decesso durante il trasporto. Ma solo 25,82 euro. Stabilite, infine, le tariffe per il trasporto con i mezzi di soccorso (attraverso il 118). Trecento euro per l’autoambulanza, 1.300 per gli interventi via mare e oltre 3mila euro per l’elisoccorso. Mille euro in più della lussuosa Svizzera, dove per un analogo servizio si spendono tra i 1.680 e i 1.900 euro.
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Fonte: Ministero della salute, Regione Campania
La finalità del divieto è di garantire la massima efficienza e funzionalità operativa all'Ssn, evitando gli effetti negativi di un contemporaneo esercizio, da parte del medico dipendente, di attività professionale presso strutture accreditate
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