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La responsabilità del medico nella prescrizione farmaceutica

Professione Redazione DottNet | 23/06/2013 11:05

Prescrizione farmaceutica e i suoi rischi. Un percorso insidioso per qualunque medico, dove tra la possibilità di sbagliare e le cattive interpretazioni da parte del paziente, a rimetterci è sempre – o quasi – il professionista.

 In questo video l’avvocato Paola Ferrari, esperta di responsabilità medico professionale (clicca qui per vedere la video intervista completa realizzata in esclusiva per Dottnet) parla appunto delle difficoltà e delle incognite che scaturiscono dalla prescrizione farmaceutica, in particolare nella specializzazione ginecologica. Ma il problema è sicuramente più vasto e ricopre molti settori. Cominciamo subito col dire che tra prescrizione a assunzione del farmaco vi sono diversi passaggi ognuno dei quali può rappresentare una fonte di errore. Senza dubbio in un ospedale le possibilità di sbagliare sono ridotte per i molteplici controlli in corsia, mentre nelle cure ambulatoriali il percorso diventa più ambiguo visto che la gestione del farmaco è – quasi - interamente affidata al paziente. Molti comunque sono gli errori che si verificano nella terapia farmacologica e vanno dalle abbreviazioni, alla errata interpretazione del paziente (che a sua volta può essere di farmaco, di dose, di preparazione, di frequenza, d’interazione). E ancora, possono esserci controindicazioni, allergie non dichiarate, problemi renali, di peso, epatici, di età, di scarsa conoscenza del prodotto, errori nelle dosi e di somministrazione. A questo punto s’innesca la responsabilità del medico che, giova ricordarlo, è un professionista intellettuale la cui attività è regolata dall'art.2230 e seguenti del codice civile mentre la norma per determinarne la responsabilità fa riferimento all'art.

1218 s.s. c.c., con l'art. 2236 c.c. (il medico risponde, in caso di problemi tecnici di speciale difficoltà, solo in caso di dolo o colpa grave). Affinché si ravvisi una responsabilità contrattuale risarcitoria è necessario che il danno sia una diretta conseguenza del comportamento negligente del medico. Un cenno a parte va fatto per il consenso informato che il paziente dà per avviare una serie d’interventi, anche invasivi, sul suo corpo. È probabilmente il momento più importante del rapporto medico-paziente; è in quella fase, infatti che l’ammalato si mette totalmente nella mani del suo curante. Il paziente viene responsabilizzato sulla fondatezza del percorso terapeutico “secondo scienza e coscienza”.  Il Comitato nazionale per la bioetica, in un documento del 1992 “Informazione e consenso all’atto medico” dice: “la responsabilità di informare il paziente grava sul primario, nella struttura pubblica, ed in ogni caso su chi ha il compito di eseguire o di coordinare procedimenti diagnostici e terapeutici”. Un altro passaggio arriva dal Codice Deontologico dei medici italiani, all’art. 33: “Il medico deve fornire al paziente la più idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative diagnostico-terapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte operate”.

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Fonte: Dottnet

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