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Enpam, iscritti già all’università e sostegno al reddito. Allarme fuga

Previdenza Redazione DottNet | 25/06/2013 17:04

Per garantire ai giovani una adeguata pensione l'Ente nazionale di previdenza e assistenza dei medici e odontoiatri (Enpam) pensa alla possibilità di far iscrivere alla cassa di previdenza anche agli studenti a partire dal quinto anno di medicina.

 Lo ha spiegato il presidente dell'ente, Alberto Oliveti (clicca qui per la video intervista), in occasione della prima riunione dell'Osservatorio del mercato del lavoro per le professioni sanitarie.  Ma la cassa, che ha al suo attivo oltre 12 miliardi di patrimonio, sta pensando anche di ''creare un effetto volano, investendo una quota parte del patrimonio'' per sostenere i giovani attraverso ''mutui, sostegno al credito, la creazione di due fondi, uno per il biotech, perché i cervelli restino a lavorare qui, e uno sulla residenzialità che si colleghi sempre all'occupazione giovanile''. In più si sta valutando di destinare una parte delle risorse non spese per l'assistenza per il sostegno al reddito. ''L'anno scorso di 11 milioni ne sono stati spesi appena 4,5 per l'assistenza - spiega Uliveti - mentre tra i giovani ogni anno ci sono 9mila laureati ma solo circa 3mila riescono a entrare in specialità, un altro migliaio inizia tirocini mentre per gli altri si apre la strada di sottooccupazione e para-occupazione''.  L'Osservatorio, ha aggiunto, ''mira a collegare formazione, lavoro e previdenza'' e che approfondirà i filoni dell'occupazione giovanile, dell'evoluzione delle tecnologie e della programmazione. ''Dobbiamo puntare a sostenibilità, adeguatezza e sicurezza delle prestazioni'' previdenziali ma ''con equa solidarietà tra le generazioni'', garantendo anche ai giovani ''una dinamica reddituale che renda sostenibile il sacrificio contributivo''.

Appoggio ai giovani. i medici e gli odontoiatri approdano alla libera professione in media a 37 anni d'età e con un reddito inferiore a 17mila euro all'anno (più precisamente 16.786 euro). Si tratta di numeri che evidenziano due aspetti. Da un lato quello dell'ingresso tardivo nel mondo del lavoro; dall'altro il problema dell'adeguatezza delle pensioni future (se guadagno poco e per giunta in tarda età, l'assegno che mi attende sarà probabilmente non adeguato ad affrontare la vecchiaia).

Inoltre l'Osservatorio sul lavoro dell'Enpam evidenzia che dal 2016 quasi un milione di italiani rimarrà senza medico di famiglia. Fra tre anni infatti ci saranno 600 medici di medicina generale in meno. Considerando che ogni medico di famiglia può avere fino a 1.500 pazienti, questo significa che circa 900mila italiani potrebbero rimanere senza medico curante. Un numero destinato a crescere ulteriormente per via dei pensionamenti futuri. Dal 2016, un'intera generazione di medici di famiglia andrà in pensione alterando gli equilibri della categoria. Fra tre anni infatti 1.499 iscritti al fondo di previdenza della medicina generale compiranno l'età del pensionamento (68 anni). Nello stesso anno, dalle scuole di formazione in medicina generale è prevista l'uscita di meno di 900 nuovi medici di famiglia. “Nei prossimi anni potremmo essere costretti a chiamare specialisti e medici di famiglia dall'estero - spiega il presidente della Fondazione Enpam, Alberto Oliveti -. Allo stesso tempo in Italia migliaia di laureati in medicina rischiano di non avere accesso ai percorsi di post laurea perché, a causa dei tagli alle borse di studio, non viene messo a bando un numero sufficiente di posti nelle scuole di specializzazione e formazione”. Ma l'Enpam avverte che il numero dei camici bianchi impegnati nella medicina di famiglia che andranno in pensione ogni anno continuerà a crescere anche dopo il 2016 e raggiungerà il picco nel 2022 (quando saranno quasi 4.900 gli iscritti al fondo della medicina generale a compiere l'età di 68 anni). Ci sono dunque tutti gli ingredienti per un gigantesco paradosso: mentre medici di famiglia e specialisti diminuiscono si nega a molti laureati in medicina di proseguire il loro percorso di formazione post laurea. Basta fare due conti: alla conclusione dei corsi di laurea che stanno per cominciare usciranno circa 9 mila medici mentre a oggi i posti nei percorsi di specializzazione sono 4.500 e quelli nelle scuole di formazione in medicina generale poco più di 900. Se i posti non verranno aumentati, migliaia di laureati rimarranno senza prospettive mentre gli italiani rimarranno senza medico.

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L’intervento di Maurizio Benato (Fnomceo).Il 6,20 % dei medici con meno di quarant’anni rientra tra i disoccupati o con contratto a gettone ovvero atipico, ormai una consuetudine nelle fasce d’età tra i 25 e 33 anni, sia per il settore pubblico sia privato, mentre per una stabilizzazione bisogna aspettare di avere tra 33 e 40 anni. “I dati della ricerca condotta dall’Anaao, aggiornati al 7 giugno scorso, dimostrano come non vi sia, tra i medici, un adeguato ricambio generazionale”, spiega Benato. Che aggiunge: “La Fnomceo ha da tempo un Osservatorio professionale aperto sul mondo del lavoro del medico, con particolare riferimento alle Scuole di Medicina, al Fabbisogno medico e specialistico, alle difficoltà che i giovani incontrano nell’accesso alla Professione e all’ambiente di lavoro. Ingresso nel lavoro che, almeno nel senso in cui lo intendevano le scorse generazioni, con un posto a tempo indeterminato, è oggi sempre più difficile. Osserviamo invece la proliferazione di una vasta gamma di tipologie di lavoro che possiamo genericamente definire "atipiche", in contrapposizione al prototipo normativo del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato”. Secondo l’osservatorio la maggioranza di questi lavoratori atipici (57,4%) sono impiegati nel settore Pubblico, e sono concentrati – per il 30,36% - nella fascia d’età tra i 25 e i 33 anni. Sopra i quarant’anni, invece, solo l’1,82% dei medici è assunto con un contratto atipico a tempo determinato, percentuale che sale al 13,41% per i lavori flessibili ma a tempo indeterminato. I contratti atipici sono più diffusi al Nord (sono il 26,68%), seguono il Centro (12,43%), il Sud (8,36), mentre le più “virtuose” sono le Isole, con una percentuale del 2,25%.

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Fonte: enpam

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