Aimetti (Sidp), la salute orale può aiutare anche contro la patologia
I batteri presenti nella bocca possono viaggiare nel corpo e arrivare al cervello, producendo tossine legate alla malattia di Alzheimer. Ma piccole molecole in via di sperimentazione riescono a ridurne la presenza, contribuendo a preservare le capacità cognitive. A illustrare il meccanismo di questa 'migrazione' e il possibile modo di contrastarlo, è stato Jan Potempa, ricercatore della University of Louisville School of Dentistry (Usa), ospite pochi giorni fa al congresso Experimental Biology, organizzato dall'American Association of Anatomists. Nel mirino dei ricercatori il batterio Porphyromonas gingivalis, coinvolto nella parodontite, infiammazione grave e cronica delle gengive: in precedenti studi era stato già trovato in campioni di cervello di malati di Alzheimer, senza tuttavia che venisse identificata una relazione di causa-effetto.
"Questo batterio - spiega Mario Aimetti, presidente della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia (SidP) - inizia a infiltrarsi nelle gengive durante l'adolescenza e circa il 20% dei giovani adulti ne presenta bassi livelli in bocca. Non è dannoso in tutte le persone, ma se cresce in modo incontrollato può portare il sistema immunitario a scatenare infiammazioni, causando rossore, gonfiore, sanguinamento ed erosione del tessuto gengivale".
"Negli ultimi anni stiamo avendo conferme scientifiche del collegamento tra la salute della bocca e patologie come diabete, malattie cardiovascolari e artrite reumatoide. Un settore interessante di ricerca si sta sviluppando per indagare il collegamento con le demenze", precisa Aimetti, professore di Parodontologia presso l'Università degli Studi di Torino. "Le nuove scoperte sottolineano l'importanza di una buona igiene orale, utile a prevenire la crescita incontrollata di questo batterio e la sua migrazione, con le possibili conseguenze collegate".
L'esame si chiama 'Lumipulse G pTau217/ß-Amyloid 1-42 Plasma Ratio' ed è indicato per individuare precocemente le placche amiloidi in adulti over 55 che presentano segni e sintomi della patologia
Lo rivela uno studio coordinato da Francesco D'Aiuto della University College di Londra (UCL) e socio attivo della Società Italiana di Implantologia e Parodontologia (SIdP)
Lo afferma lo studio italo-francese coordinato dalla Fondazione Santa Lucia di Roma e pubblicato sulla rivista Cell Death and Disease
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