"Dovremo contrastare l'aumento dell'Iva, tutelare i risparmiatori, dare una solida prospettiva di crescita e sviluppo sociale"
Dritti verso la legge di bilancio. La prima grande prova dell'esecutivo giallo-rosso sarà la prossima manovra, un campo d'azione vastissimo in cui si misureranno i rapporti della nuova maggioranza e in cui il Conte-bis sarà chiamato a giocare le prime decisive carte per rilanciare un'economia stagnante e per ricompattare l'opinione pubblica intorno alla nuova compagine di governo.
E la sanità avrà il suo ruolo, come scrive il ministro Giulia Grillo in un post su Facebook invocando una priorità (se sarà riconfermata. come pare, ministro): "Dobbiamo riprendere subito il lavoro in Parlamento per approvare la legge contro le aggressioni agli operatori della Sanità".
Il presidente del consiglio non sembra avere alcun tentennamento. Appena ricevuto l'incarico al Quirinale, Conte ha già annunciato che si metterà subito all'opera per "contrastare l'aumento dell'Iva, tutelare i risparmiatori, dare una solida prospettiva di crescita e sviluppo sociale". E per far sì che l'Italia sia un paese dove le tasse le paghino tutti, "ma proprio tutti", ma le paghino meno. Indicazioni che non rappresentano ancora un programma dettagliato, ma che emergono già chiaramente e che vengono integrate su un punto chiave per i Cinquestelle da Graziano Delrio, ex ministro delle Infrastrutture dem: "Una revisione delle concessioni pubbliche, non solo quella di Autostrade, ci trova perfettamente d'accordo", assicura proprio lui che era entrato negli strali del ministro M5s, Toninelli, proprio per la predisposizione delle regole delle concessioni.
La manovra partirà inevitabilmente dal disinnesco delle clausole Iva da 23 miliardi. Far salire le aliquote sarebbe un azzardo troppo grande per un governo appena insediato e probabilmente lo sarebbe anche ipotizzare, come forse a livello tecnico è stato già fatto, un rimescolamento di qualche voce, magari con passaggi reciproci tra il 10 e il 22%. Trovare le risorse potrebbe essere meno complicato del previsto, non solo grazie a 1,5 miliardi circa di entrate strutturali in più già emersi nel decreto di luglio, ma anche grazie ai risparmi di spesa sugli interessi del debito (fino a un mese fa il Tesoro stimava circa 3 miliardi aggiuntivi rispetto alle stime del Def) e alle minori spese per Quota 100 (tra i 2 e 3 miliardi anche nel caso venisse riconfermata così com'è).
Se come a luglio si dovesse fare ancora riscorso ai dividendi straordinari di Cdp e Bankitalia, un altro paio di miliardi potrebbe essere assicurato, contando anche sul fatto che il calo dei tassi potrebbe incidere positivamente anche sui conti di Via Nazionale. Archiviate le idee di Italexit e di minibot, presentarsi in Europa con una rinnovata credibilità agli occhi della nuova Commissione di Ursula von der Leyen, appoggiata in modo determinante dal M5S, potrebbe peraltro aiutare il governo a trattare una maggiore flessibilità di bilancio, giocando innanzitutto sugli investimenti 'green', fatti di lotta al dissesto idrogeologico, tutela dell'ambiente e mobilità alternativa.
Sarebbe del resto difficile per Bruxelles negare misure di politica espansiva - e non solo all'Italia - di fronte al rallentamento generalizzato dell'economia, con la Germania prossima alla recessione e con l'intero continente alle prese con il pericolo Brexit. Partendo dunque da un deficit tendenziale che si annuncia intorno all'1,6% nel 2020 gli spazi di manovra non sarebbero poi così ristretti. Nuove incisive misure di lotta all'evasione, perché siano appunto "tutti" a pagare le tasse, e la revisione degli incentivi ai combustibili fossili, garantirebbero altre entrate che permetterebbero poi di pagarle appunto "meno" le tasse. L'idea comune tra i dem e i cinquestelle è quella di un primo taglio del cuneo fiscale, alle imprese per compensare magari l'adozione di una versione rivista e corretta del salario minimo, ma anche ai lavoratori. Dalla cancellazione degli 80 euro, a cui puntava la Lega per adottare la flat tax, si potrebbe così passare ad un loro ampliamento, fino a 125 euro, secondo indiscrezioni circolate in questi giorni.
L'incarico
Dunque Sergio Mattarella dà l'incarico a Giuseppe Conte dopo due giri di consultazioni e 50 minuti di colloquio al Quirinale. E il premier al tempo stesso dimissionario e incaricato accetta con riserva, parla a lungo con i presidenti di Senato e Camera e inizia a tambur battente a Montecitorio le consultazioni per il Conte bis (o Conte 2, come preferisce lo si chiami il Pd). Al primo giro di colloqui si schierano i partiti più piccoli (tra questi Leu, forte di numeri che irrobustirebbero la maggioranza giallorossa al Senato) per poi arrivare alle due colonne portanti del nascituro governo, M5s e Pd. Lega e Fdi alle consultazioni andranno, ma non con Matteo Salvini e Giorgia Meloni, che chiamano le piazze contro il nuovo governo.
La corsa di Conte, che Mattarella ha chiesto sia rapida, ha un traguardo non ancora scontato. E lui sa che c'è chi non gli farà sconti sul suo appena concluso anno e mezzo a Palazzo Chigi. Ma oggi gira pagina, promette "coraggio" e "un governo di novità", "non un governo contro ma un governo per il bene dei cittadini, per il bene del Paese". Il premier incaricato mette in fila una lunga sfilza di altri 'per': un governo per una manovra necessaria, per recuperare il tempo perduto in Ue, per fare in modo che "tutti, ma proprio tutti, paghino le tasse e le paghino meno", per la modernizzazione, per un Paese più giusto e inclusivo, per una stagione riformatrice su istruzione, energie rinnovabili, infrastrutture, ambiente e politiche green, tutela del patrimonio artistico.
Ma soprattutto - e qui Conte si fa quanto più possibile distante dall'ex potente vicepremier che neppure dieci giorni fa voleva sfiduciarlo - un governo dove "il principio di rispetto delle regole è qualcosa di irrinunciabile" e sono "valori non negoziabili il primato della persona, il lavoro, l'uguaglianza, il rispetto delle istituzioni, il principio di laicità e nel contempo di libertà religiosa, la difesa degli interessi nazionali e l'integrazione Atlantica ed europea". E dove "l'umanesimo" non è un vezzo ma una cifra che si intende imprimere al restare a Palazzo Chigi. Un'idea di Paese in cui Conte racchiude la sua "coerenza", confessando di "aver nutrito dubbi", ma poi di aver scelto "per il bene comune" e per i suoi principi, che restano gli stessi "e non hanno colore".
Lo spread che crolla sotto i 165 è già un buon viatico ma i nodi nella formazione della squadra restano: in primis la questione dei vicepremier: Conte è pronto a farne a meno, il Pd ne vuole uno solo per sè, i pentastellati fanno ancora quadrato attorno a Luigi Di Maio ("chi tocca Luigi attacca ciascuno di noi", tuonano i capigruppo D'Uva e Patuanelli) che si appresta a indire la consultazione su Rousseau. Nota dolente è poi la rivendicazione di ministeri di peso da Pd e M5s, che lavorano al programma. Intanto Matteo Renzi - che per primo si è rimangiato il #senzadime aprendo al governo giallorosso - oggi si gode lo spettacolo: "Salvini esce politicamente di scena", chiosa. Ma il leader della Lega non ci sta a vestire i panni dello sconfitto: prepara Pontida, chiama la piazza e rilancia sui social: "Un governicchio fondato unicamente sulle poltrone e sull'odio non ha vita lunga. Per loro prima le poltrone,per noi ora e sempre #primagliItaliani!".
La giornata di mobilitazione che annuncia in diretta per il 19 ottobre a Roma "contro il governo del Conte-Monti" è la prima mossa da capo dell'opposizione, per sconfessare chi lo vuole alle corde. Anche il leader Fdi Giorgia Meloni scende in piazza, ma ne sceglie una diversa: quella di Montecitorio nel giorno in cui Conte chiederà la fiducia, con bandiere tricolori e senza simboli di partito. Forza Italia prende le distanze e si prepara ad una opposizione "repubblicana".
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