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Raddoppiano i celiaci in Italia: sono circa un milione

Medicina Interna Redazione DottNet | 30/09/2019 13:48

Dopo 20 anni riviste le stime, tra le cause si guarda all'ambiente

La celiachia è in continuo aumento.   La stima secondo cui ne soffrirebbe l'1% della popolazione, circa 600.000 persone, dopo 20 anni è purtroppo da rivedere al rialzo: un nuovo studio italiano indica che la prevalenza è in crescita, specialmente in alcune aree metropolitane, e sta sfiorando il 2%, portando il numero complessivo dei casi vicino ad un milione. Lo rivelano gli esperti riuniti per l'ottavo Convegno Annuale 'The Future of Celiac Disease' dell'Associazione Italiana Celiachia (AIC): alla base dell'incremento della prevalenza ci sarebbero probabilmente cause ambientali, non ancora individuate, ma l'aumento dei casi richiama alla necessità di migliorare le diagnosi che tuttora arrivano in media oltre 6 anni dopo i primi sintomi.

Così, anche e soprattutto per scovare i 'pazienti camaleonte' con sintomi insoliti come afte ricorrenti in bocca, un'orticaria fastidiosa, l'anemia o le irregolarità mestruali, gli esperti propongono test del sangue mirati almeno su pazienti ricoverati in reparti come ginecologia, pediatria, medicina interna per individuare prima possibile i casi che resterebbero sotto silenzio perché si presentano con sintomi sfuggenti.

"Fino a poco tempo fa ritenevamo che la prevalenza di celiachia fosse in aumento solo per la nostra migliore capacità diagnostica, ora un nuovo studio mostra un incremento sostanziale dei casi - spiega Marco Silano, coordinatore board scientifico AIC e Direttore Unità Operativa Alimentazione, Nutrizione e Salute, dell'Istituto Superiore Sanità - . La rapidità dell'aumento fa pensare che a causarla siano fattori ambientali: sono al vaglio ipotesi come le infezioni virali, non solo intestinali, o l'uso dell'enzima transglutaminasi nei cibi pronti al consumo, oppure ancora l'uso di antibiotici nella prima infanzia, la quantità di glutine nello svezzamento o un microbioma che favorisca la patologia. Inoltre, l'età media in cui si manifesta la celiachia sta salendo e stanno cambiando anche le modalità cliniche con cui si presenta: i pazienti con segni classici come la diarrea sono pochi. Occorre perciò cambiare approccio e cercare i celiaci in tutte quelle categorie di pazienti che per esempio presentano sintomi di osteoporosi, anemia, turbe della fertilità, colon irritabile".

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Alla luce dei nuovi dati, i casi diagnosticati sarebbero appena il 20% contro il 37% di poco tempo fa. Mancano all'appello molti pazienti che avendo sintomi meno evidenti si trascinano per anni senza una diagnosi corretta: se da un lato nei bambini con sintomi classici la diagnosi può arrivare anche prima di due anni di vita, in molti adulti con segni meno usuali si può aspettare anche più di 6 anni, arrivando in alcuni casi fino a 70 anni di età prima di averla. La diagnosi precoce di celiachia è una forma indispensabile di prevenzione delle possibili conseguenze della malattia ed è perciò fondamentale: il celiaco inconsapevole che assume glutine si espone infatti in rari casi a complicanze anche gravi e irreversibili. "Il modo di fare diagnosi potrebbe cambiare in futuro: a oggi nell'adulto la biopsia che confermi la celiachia è essenziale per escludere la presenza di altre patologie più gravi. Mentre in un prossimo futuro potrebbero bastare esami immunologici sul sangue - prosegue Silano - . Ci sono infatti studi interessanti sulla cosiddetta "biopsia liquida", un esame del sangue che predice la presenza del danno alla mucosa intestinale".

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