Chi compie 12 mila passì al dì ha un rischio di morte per qualsiasi causa del 65% inferiore rispetto a chi ne compie solo 4000
Più passi fai, più 'arrivi lontano': uno studio pubblicato sul Journal of the American Medical Association dimostra, infatti, che al crescere del numero di passi giornalieri percorsi si riduce il rischio di morte. Chi compie 12 mila passì al dì ha un rischio di morte per qualsiasi causa del 65% inferiore rispetto a chi ne compie solo 4000; coloro che fanno 8000 passi al dì hanno un rischio di morte del 51% inferiore. Condotto da esperti del National Cancer Institute (NCI) e del National Institute on Aging (NIA), insieme a colleghi dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC), lo studio mostra anche che non ha alcuna importanza l'intensità della camminata, ma conta solo il numero di passi giornalieri raggiunto.
Gli esperti hanno analizzato lo stato di salute di 4800 individui dai 40 anni in su, i quali hanno indossato un contapassi 7 giorni su 7 dal 2003 al 2006. Tutto il campione è stato monitorato per un tempo medio di 13 anni e la loro salute analizzata nel tempo, tenendo conto di tutti i fattori di rischio che potevano inficiarne lo stato di salute e avere un peso sul rischio di morte per le diverse malattie. Ebbene, a parità di tutti i fattori è emerso chiaramente che maggiore è il numero di passi che si muovono ogni giorno (indipendentemente dall'intensità del movimento), minore il rischio di morte.
"Essere fisicamente attivi ha molti benefici, riduce il rischio di obesità, di malattie cardiovascolari, di diabete, e anche di alcuni tumori - ha commentato uno degli autori, Janet Fulton, dei CDC, Divisione di Nutrizione, Attività Fisica e Obesità. E nella vita di tutti i giorni può aiutare le persone a sentirsi bene e a dormire meglio", ha concluso, per questo è estremamente importante la possibilità che un'attività semplice come quella di camminare (senza sforzo) solo raggiungendo un numero adeguato di passi giornalieri si associ a ridotto rischio di morte.
fonte: Journal of the American Medical Association
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