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Infermieri saranno supplenti dei medici di famiglia, sindacati e ordine contro la Moratti.

Sanità pubblica Redazione DottNet | 09/06/2022 20:41

La Regione: la supplenza” sarà solo “organizzativa e non “professionale. Anelli: "La carenza di medici, di Medicina Generale e specialisti è frutto dell’inefficace e non corretta programmazione delle attività formative messa in atto dalle Regioni"

"Gli infermieri avranno un ruolo anche in tema di cure primarie, offrendo supporto e supplenza per affrontare la carenza di medici di medicina generale. Una sperimentazione" è "in corso presso alcune Asst" e "sarà oggetto di valutazione". Sono queste le parole contenute esattamente in un passaggio del discorso che la vicepresidente e assessore al Welfare della Regione Lombardia, Letizia Moratti, ha pronunciato intervenendo a un Convegno della Sidmi (Società italiana per la direzione e il management delle professioni infermieristiche). Parole usate per sottolineare il "ruolo chiave" di queste figure "anche nel rafforzamento della medicina territoriale". Ma che hanno suscitato diverse reazioni non positive nel mondo dei medici e della medicina generale.

Lasciano senza parole, se confermate, le recenti dichiarazioni di Letizia Moratti: "infermieri come supplenti dei medici di famiglia per affrontare la carenza".

Parole irrispettose nei confronti dei medici e del loro lavoro, parole irrispettose nei confronti degli infermieri, come se questi ultimi fossero dei "piccoli medici" e non avessero una professionalità distinta e autonoma. Soprattutto, però, sono parole sconcertanti per i cittadini lombardi, molti di loro privi del medico di famiglia, che si vedono proporre come "supplente" un infermiere. Qui non si tratta più di task shifting ma di politiche di guerra o da paese in via di sviluppo. Certo, in un contesto di questo tipo, sembra superfluo discutere di responsabilità professionali o di problemi assicurativi. Forse la cosa più utile a questo povero paese è dare pubblicità a queste affermazioni, senza bisogno di ulteriori commenti. I cittadini sono perfettamente in grado di capire.

"A questo punto chiudiamo le scuole di specializzazione", tuona Guido Quici, presidente del sindacato dei medici Federazione Cimo-Fesmed (cui aderiscono Anpo-Ascoti, Cimo, Cimop e Fesmed). "Cosa studiamo a fare per 11 anni, noi medici, se poi ai non specialisti delle cooperative è consentito lavorare in ospedale e adesso agli infermieri lombardi è addirittura concesso di essere i supplenti dei medici di medicina generale? Ma cosa li teniamo a fare corsi di laurea di 6 anni e scuole di specializzazione di 4-5 anni se quello che vi impariamo non è ritenuto necessario per il nostro lavoro? Se la risposta alla carenza dei medici è assumere chiunque possa fare compagnia al paziente, senza considerare la sua formazione, trasformiamo il corso di laurea in Medicina in un corso triennale e aboliamo le specializzazioni - è la provocazione di Quici - Risolveremmo i problemi di organico in un batter d'occhio. Tanto evidentemente la sicurezza delle cure e la tutela della salute dei cittadini non interessano più a nessuno".

Infine una pioggia di domande: "L'assessore Moratti - prosegue Quici - si è forse dimenticata che diagnosi e prescrizione delle terapie spettano al medico? Cosa dovrebbero fare gli infermieri-supplenti? E pensa davvero che ci siano infermieri disposti a rinunciare al loro ruolo fondamentale di assistenza al paziente per caricarsi di responsabilità cui non sono preparati? Sarebbe pronta a farsi visitare e curare da chi non ha le competenze adeguate, e spiegare ai cittadini che chiunque è meglio di nessuno? E a raccontare onestamente che la situazione in cui oggi si trova la Lombardia è frutto di anni di errata programmazione, e non di chissà quale disastro imprevedibile"? "Sulla salute delle persone non si scherza. La Federazione Cimo-Fesmed - conclude Quici nella nota - continuerà a difendere il ruolo dei medici da ogni attacco di questo tipo e in ogni ambito, anche se il disegno globale appare sempre più chiaro: abbassare sfacciatamente il livello della sanità pubblica per arrivare alla sua privatizzazione. Ma noi non siamo disposti a rimanere inermi a guardare". 

"È inconcepibile che si tenti di mettere in contrapposizione due professioni con competenze diverse e sinergiche, che devono collaborare, non essere l’una l’alternativa dell’altra". Così il Presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, Filippo Anelli, commenta le parole attribuite alla vicepresidente e assessore al welfare della Lombardia Letizia Moratti. Che intervenendo ieri al convegno Sidmi (Società italiana per la direzione e il management delle professioni infermieristiche), avrebbe parlato – come riferiscono, tra gli altri, l’agenzia Dire e Quotidiano Sanità – di affidare agli infermieri un ruolo di "supporto e supplenza per affrontare la carenza di medici di medicina generale". La sperimentazione sarebbe, secondo Moratti, già "in corso presso alcune Asst" lombarde.

"La carenza di medici, di Medicina Generale e specialisti – spiega Anelli - è frutto dell’inefficace e non corretta programmazione delle attività formative messa in atto dalle Regioni. Non si può, ora, ribaltare la responsabilità sui medici, sugli infermieri e soprattutto sui cittadini, che dovrebbero pagare con un’assistenza monca, improvvisata e inappropriata le colpe dei decisori".  "Se queste determinazioni dovessero essere applicate – commenta - il risultato sarebbe un livello di tutela della salute assolutamente inadeguato, in quanto orfano delle competenze mediche. Un contesto dove i professionisti, le competenze, i percorsi di studi così diversi e specifici diventerebbero assolutamente inutili, superflui, in quanto indiscriminatamente intercambiabili e rimpiazzabili. Una situazione paradossale, che dovrebbe far riflettere seriamente tutta la società civile".

"Dobbiamo prenderne atto: le differenze territoriali non sono state colmate, ma semmai acuite, da 20 anni di governo delle Regioni – aggiunge -. Non possiamo accettare ora che, alle storiche disuguaglianze di salute, si aggiungano nuove e inedite disparità, dovute a differenti modelli organizzativi, che penalizzino i cittadini delle Regioni. Soprattutto quelle a vocazione più "aziendalista" che privilegiano i pareggi di bilancio e il risparmio di risorse economiche rispetto al raggiungimento di obiettivi di salute". "Da parte nostra, possiamo assicurare che le federazioni degli Ordini interessati, la Fnomceo e la Fnopi, continueranno a dialogare responsabilmente – conclude Anelli – convinti come siamo che solo un rapporto sinergico, nell’esercizio delle rispettive professioni ma anche nell’organizzazione dei sistemi sanitari, possa garantire la salute dei cittadini. Alla politica chiediamo rispetto per le professioni e per i professionisti, e l’individuazione di risorse per i sanitari e dunque per una vera riforma della sanità, che non può limitarsi agli interventi previsti dal Pnrr, dedicati quasi esclusivamente alle strutture e alle infrastrutture". 

Intanto arriva la precisazione del Pirellone che con una nota ufficiale precisa che la “supplenza” sarà solo “organizzativa e non “professionale”.  “Le figure professionali mediche e infermieristiche - si sottolinea nella Nota della Direzione Generale Welfare - hanno infatti con tutta evidenza competenze diverse, non sovrapponibili né interscambiabili, ma sicuramente sinergiche e complementari”. Il contesto della vicenda per stessa ammissione della Regione va inquadrato nella “grave carenza di Medici di Medicina Generale”, che, scrive la Direzione Welfare “in alcuni ambiti della nostra Regione impedisce l'assegnazione al cittadino del proprio medico di famiglia”.

Ribadendo la “straordinarietà e temporaneità della situazione”, la Direzione Generale Welfare ha quindi sottolineato che "è utile pensare a forme di organizzazione innovative che utilizzino personale infermieristico non certo in sostituzione dell'attività e del ruolo del Medico di famiglia, ma a supporto e sotto la responsabilità di quest'ultimo per collaborare e prendere in carico un numero maggiore di assistiti rispetto a quanto è possibile fare ora".

“Supplenza organizzativa, pertanto - prosegue la Nota -, non già professionale”. La Direzione Generale Welfare spinge quindi “per una collaborazione fattiva, di équipe, fra diverse figure professionali che, integrandosi nel rispetto delle proprie competenze, mansioni, ruoli e compiti, assolvano all'obiettivo di assistere la persona riguardo al complesso dei suoi bisogni”. “Un modello organizzativo - si rimarca nella Nota - che trova concretizzazione nelle Case di Comunità”. “È già insediato - si ricorda nella Nota - il Gruppo di Lavoro con Medici di Medicina Generale, Pediatri di Libera Scelta e Infermieri voluto specificamente dalla vicepresidente e assessore al Welfare di Regione Lombardia per affrontare congiuntamente le tematiche relative alle Cure Primarie ed ai modelli assistenziali territoriali”.

“La Direzione Generale Welfare di Regione Lombardia - conclude la Nota - ribadisce la propria volontà ad una sempre più stretta collaborazione con Medici di Medicina Generale e Professioni Infermieristiche, promuovendo forme di integrazione tra gli stessi, e invita a evitare strumentalizzazioni e false interpretazioni che poco aiutano alla risoluzione dei problemi e a fornire risposte adeguate alle reali esigenze dei cittadini”.

     

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